20 giugno 2017

Quando gli immigrati eravamo noi italiani.


Quando nei primi anni del ‘900 noi italiani non eravamo ancora famosi per il “made in Italy” ma eravamo famosi per la puzza, i furti e la ricerca di lavoro fuori dai nostri confini.
La emigrazione degli italiani nel mondo è la grande epopea a cui dobbiamo, in ultima analisi, anche il nostro attuale benessere, ma essa rimane quasi sempre non adeguatamente conosciuta per mancanza di interesse delle parti politiche.
Il massiccio esodo dal sud Italia verso gli Stati Uniti, negli anni 50 e prima ancora, è finito nel dimenticatoio, se non addirittura rimosso.
Molti tra i bisnonni di noi meridionali, ma non soltanto meridionali, andarono a lavorare in America, Argentina, Australia e più recentemente in Svizzera, Germania ed Inghilterra.
In America giunsero con lente navi a vela o a vapore e con viaggi che duravano diverse settimane.
Appena sbarcati, venivano avviati ai luoghi di quarantena per essere liberati da zecche e pulci, ma questo, oggi lo sanno in pochi. In seguito venivano impiegati come bassa manovalanza, senza venire sfruttati, ma gli veniva corrisposta la paga sindacale, che mandavano in Italia ai loro famigliari e che nella maggior parte dei casi gli serviva a costruire la casa, oltre che a sfamare la famiglia.
Nessuno di loro affogò in mare, ne divenne preda di caporali o oziava: lavoravano in silenzio, per bisogno e per sfuggire alla fame nera che c'era allora in Italia.
Diversi tra loro si integrarono, gli abitanti di Little Italy a New York non arrivarono da Marte, altri ritornarono in Italia dopo qualche anno; altri ancora, che rimasero lì per diversi anni prima di ritornate, continuarono in Italia a ricevere una piccola pensione dagli Stati Uniti, fino alla loro morte.
Come faccio a saperlo? I miei due nonni, materno e paterno, trisavoli dei miei figli e nipoti, furono emigranti in America e mi raccontarono la loro epopea. Tornati che furono in Italia, con i dollari guadagnati in America si costruirono entrambi la casa.
Non è possibile fare un paragone tra la situazione di allora e quella attuale che riguarda i migranti, ma la memoria non è acqua ed alcuni fatti del nostro recente passato non andrebbero dimenticati.
Il successivo testo è tratto da una relazione dell’Ispettorato per l’Immigrazione del Congresso americano sugli immigrati italiani negli Stati Uniti, Ottobre 1912.
<< “Generalmente sono di piccola statura e di pelle scura.
Non amano l’acqua, molti di loro puzzano perchè tengono lo stesso vestito per molte settimane.
Si costruiscono baracche di legno ed alluminio nelle periferie delle città dove vivono, vicini gli uni agli altri.
Quando riescono ad avvicinarsi al centro affittano a caro prezzo appartamenti fatiscenti.
Si presentano di solito in due e cercano una stanza con uso di cucina.
Dopo pochi giorni diventano quattro, sei, dieci.
Tra loro parlano lingue a noi incomprensibili, probabilmente antichi dialetti.
Molti bambini vengono utilizzati per chiedere l’elemosina ma sovente davanti alle chiese donne vestite di scuro e uomini quasi sempre anziani invocano pietà, con toni lamentosi e petulanti.
Fanno molti figli che faticano a mantenere e sono assai uniti tra di loro.
Dicono che siano dediti al furto e, se ostacolati, violenti.
Le nostre donne li evitano non solo perchè poco attraenti e selvatici ma perchè si è diffusa la voce di alcuni stupri consumati dopo agguati in strade periferiche quando le donne tornano dal lavoro.
I nostri governanti hanno aperto troppo gli ingressi alle frontiere ma, soprattutto, non hanno saputo selezionare tra coloro che entrano nel nostro paese per lavorare e quelli che pensano di vivere di espedienti o, addirittura, attività criminali.”
“Propongo che si privilegino i veneti e i lombardi, tardi di comprendonio e ignoranti ma disposti più di altri a lavorare.
Si adattano ad abitazioni che gli americani rifiutano pur che le famiglie rimangano unite e non contestano il salario.
Gli altri, quelli ai quali è riferita gran parte di questa prima relazione, provengono dal sud dell’Italia.
Vi invito a controllare i documenti di provenienza e a rimpatriare i più. La nostra sicurezza deve essere la prima preoccupazione”. >>
Volendo, in questo testo, è possibile notare non poche analogie con le parole di politici italiani ascoltate di questi tempi in TV. Quei politici infelici hanno la memoria corta oppure fingono di essere smemorati: non dicono nulla di quando gli immigrati eravamo noi italiani.





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