28 settembre 2020
I SOGNI ED IL VISSUTO
Il cuore non smette mai di battere ed è l’ultimo
organo a fermarsi, si muore infatti per arresto cardiaco, tutti.
Dopo il cuore è il cervello l’organo che non
si ferma mai. Parzializza la sua attività per brevi periodi di tempo, tra un
sogno e l’altro.
Il cervello è continuamente in attività,
anche durante il sonno non smette mai di funzionare: sogna! Mantiene al minimo l’attività
dei 5 sensi, ma è pronto a riattivarli nel caso occorresse.
Cosa accade
durante i sogni
Per registrare un video deve esserci: un
luogo, oggetti, soggetti, sentori, suoni o parole. La fantasia è quasi
sconfinata, ma il cervello, durante i sogni non è in grado di inventare nulla: Rielabora
a suo piacimento il vissuto. Luoghi, oggetti, soggetti, suoni, sentori o
parole, nei sogni possono apparire sconosciuti, sono invece le precedenti
registrazioni fatte dal cervello durante il vissuto, che la memoria non aveva
dimenticato, ma messo da parte per riutilizzarli nei sogni.
Il
sogno assomiglia ad un frullato vegetale: si riconosce l’ortaggio dal
colore dei pezzettini, che non riproducono l’ortaggio originale, sono
semplicemente conseguenti.
Analogamente al frullato, i sogni frullano il
vissuto, che nei sogni non appare mai nella sua forma originale, è semplicemente
conseguente.
Sognamo per vivere o viviamo per sognare? Se
e quando lo scopriremo, avremo scoperto uno dei grandi misteri della vita.
14 settembre 2020
Fascia di Kuiper, nube di Oort e disco diffuso
Fascia di Kuiper, nube di Oort e disco diffuso
La
Via Lattea è la galassia a cui appartiene il nostro sistema solare; è la
galassia per eccellenza, poiché il nome deriva dal greco galaxias, latteo,
utilizzato in epoca greca per designarla.
Raggio: 52.850 anni
luce
Età: 1,351
× 10^10 anni
Stelle: 250 miliardi
± 150 miliardi
Dimensione apparente (V): 360°
Tipo: Galassia
a spirale barrata
Ci
troviamo ai confini di un sistema solare sconosciuto, composto da otto pianeti
caratterizzati da orbite ellittiche attorno a una nana gialla: quattro solidi a
densità elevata e dimensioni contenute, quattro prevalentemente gassosi e di
dimensioni maggiori; uno di questi possibile stella mancata. Sono presenti
inoltre alcuni pianeti nani.
Quando
si parla di distanze spaziali molto grandi, come quelle che intercorrono tra i
pianeti del nostro sistema solare, non possiamo ragionare in termini di Km né,
più in generale, in termini di unità appartenenti al cosiddetto Sistema
Internazionale (più brevemente indicato come SI). Queste risulterebbero troppo
piccole e, conseguentemente, inadatte a tal genere di misurazioni.
Eppure,
vista la sempre maggiore importanza dell'argomento, attualmente il SI accetta
come valide accanto alle proprie anche unità di misura che ufficialmente non
gli appartengono, non soltanto al fine di permettere la comprensione di
determinate tematiche anche a un pubblico vasto, tematiche che altrimenti
potrebbero risultare ostiche per non dire incomprensibili, ma anche perché
talvolta esse risultano più precise.
E'
questo il caso dell'Unità Astronomica (più brevemente indicata come UA) ovvero
l'unità maggiormente utilizzata per la misurazione delle succitate distanze
interplanetarie.
Vale
la seguente relazione 1 UA = 1,49597870691(6)×1011 m.
Dunque:
1 Unità Astronomica [UA] = 149.597.870,7 Chilometri [km].
Con
una certa approssimazione, giusto per rendere l'idea con immediatezza, potremmo
quindi dire che 1 UA corrisponde a circa 150 milioni di chilometri: un'unità di
misura spaziale incredibilmente grande (per percorrere una UA alla velocità di
100 km/h si impiegherebbero più di 170 anni)!
Ma
solo questa ci potrà permettere di dimensionare adeguatamente il nostro sistema
solare in quanto essa corrisponde all'incirca alla distanza media tra la Terra
e il Sole.
Prima
di farlo sarà comunque necessario presentarne gli attori ovvero i pianeti che
orbitano attorno al Sole, stella di cui anticiperemo una breve descrizione.
Si
tratta di una nana gialla, avente quindi dimensioni relativamente piccole
rispetto alla media delle stelle presenti nella nostra galassia; non è invece
una stella giovane - misurandosi l'età rispetto alla sua data di nascita - in
quanto esiste da almeno 4,5 miliardi di anni ed è perciò giunta più o meno a
metà della sua vita. Si trova in una fase di stabilità sia dal punto di vista
termico sia gravitazionale, stabilità che di riflesso si trasmette all'intero
sistema solare.
Le
conoscenze attuali hanno permesso di determinare l'esistenza certa di otto
pianeti orbitanti attorno al Sole: Mercurio, Venere, la Terra, Marte, Giove,
Saturno, Urano e Nettuno. Anche il maggiore di questi, Giove, risulta avere
dimensioni estremamente piccole rispetto al Sole, sia per massa sia per
diametro. Il Sole ha infatti un diametro medio pari a 1,39095×109m
ovvero circa 1.400.000 Km mentre il diametro equatoriale di Giove risulta di
42.984 Km, essendovi perciò tra i due diametri un rapporto di 32 a 1.
Tutti
gli altri corpi celesti orbitanti attorno alla nostra stella madre (e ve ne
sono moltissimi) non sono tuttavia classificabili come pianeti. Di fatto si
tratta di satelliti (come la nostra Luna), comete, asteroidi e di quei corpi
che non raggiungono lo status di pianeta pur assomigliandovi notevolmente: i
cosiddetti 'pianeti nani' o 'oggetti transnettuniani' o 'plutoidi'.
Questa
denominazione è entrata in vigore una decina di anni fa e in apparenza sembra
suggerire che i pianeti nani non siano altro che pianeti molto piccoli.
In realtà non è così.
Si
pensi per esempio al più noto di loro: Plutone; il suo diametro medio è di
quasi 2.400 km.
Se
lo paragoniamo al diametro di Mercurio, il più piccolo dei pianeti del sistema
solare, esso risulterà circa la metà, rapporto di scala non molto diverso da
quello esistente tra lo stesso Mercurio e la Terra o Venere, pianeti i cui
diametri sono compresi tra i 12.000 e i 13.000 km.
Dunque
il criterio dimensionale non è quello che distingue un pianeta da un plutoide.
Ne consegue che questi ultimi non devono essere necessariamente più piccoli dei
primi.
Ma allora qual è la definizione di corpo
transnettuniano?
Premettiamo
che una definizione definitiva non esiste; tuttavia l'Unione Astronomica
Internazionale ha stabilito che un pianeta nano è un corpo celeste di
tipo planetario orbitante attorno a una stella e caratterizzato da una massa
sufficiente a conferirgli una forma quasi sferica, ma che non è stato in grado
di "ripulire" la propria fascia orbitale da altri oggetti di
dimensioni confrontabili: per quest'ultima caratteristica non rientra nella
denominazione di pianeta.
Il
concetto di 'ripulitura' non risulta essere un concetto assoluto in quanto
nessun corpo del sistema solare è stato in grado di ripulire completamente la
propria fascia orbitale da altri oggetti di dimensioni confrontabili.
Nonostante
ciò, almeno per ora, la succitata definizione, seppur soggetta a una certa
approssimazione, è stata accettata da tutti gli scienziati.
Da
quanto si è detto è facile intuire come le ultime due decadi siano state
fondamentali per l'individuazione e lo studio di questi misteriosi corpi
celesti.
Plutone infatti non è solo.
Assieme
a lui, in quella che è stata definita fascia di Edgeworth-Kuiper (dal nome dei
due astronomi Kenneth Edgeworth e Gerard Kuiper) o più brevemente fascia di
Kuiper, troviamo oltre 1000 oggetti (Kuiper belt objects, o KBO), ma si
pensa ve ne possano essere almeno 100.000, tutti aventi diametro massimo
maggiore di 100 Km.
I
più noti sono:
- Issione, scoperto nel 2001 e avente diametro
compreso tra i 1.000 e i 1.200 km;
- Varuna, scoperto nel 2002 e avente diametro
compreso tra i 600 e gli 800 km;
- Quaoar, scoperto nel 2002 e avente diametro
compreso tra i 1.200 e i 1.400 km;
- Orcus, scoperto nel 2004 e avente diametro di
circa 1.500 km;
- Haumea, scoperta nel 2005 e avente diametro di
circa 1.500 km. Quest'oggetto è caratterizzato da una curiosa forma allungata
che lo rende simile a un pallone da rugby, forma dovuta alla sua rotazione
estremamente rapida (circa 4 ore contro le 24 terrestri);
- Makemake, scoperto nel 2005 e avente diametro
compreso tra i 1.800 e i 2.000 km.
Tutti
i pianeti nani della fascia di Kuiper si trovano a una distanza dal Sole
compresa tra le 30 e le 55 UA ma la massima concentrazione si ha tra le 42 UA e
le 48 UA.
Inoltre,
a differenza dei pianeti veri e propri i cui piani orbitali, a eccezione di
Mercurio, hanno scarsissima inclinazione rispetto a quello dell'eclittica, la
maggior parte dei planetoidi della fascia di Kuiper percorrono orbite
significativamente inclinate. Per es. l'orbita del sistema plutoniano, composto
da Plutone e i suoi tre satelliti, giace su un piano inclinato di 17 gradi
rispetto all'eclittica.
Tali
caratteristiche fanno assomigliare questa regione di spazio più a un solido
toroidale (un solido avente pressappoco la forma di un comune salvagente) che
non a una cintura.
Attraverso
indagini spettroscopiche è stato possibile determinare gli spettri dei corpi
attualmente noti al fine di conoscere i materiali di cui sono costituiti. Si è
così scoperto che hanno una composizione analoga a quella delle comete ovvero
ghiaccio e roccia, ma a differenza di queste ultime, godendo di un relativo
equilibrio gravitazionale, non vanno perdendo parte della propria massa e
quindi non hanno una coda.
Dunque
una prima ipotesi sul fatto che le comete non potessero essere altro che corpi
appartenenti alla fascia di Kuiper successivamente destabilizzati dalla forza
gravitazionale del Sole è stata scartata. Da dove proverrebbero allora?
Se
consideriamo valido il concetto di 'regione d'origine', gli scienziati hanno
ipotizzato l'esistenza di una seconda regione di spazio ancora più esterna della
fascia di Kuiper, ma anch'essa popolata da corpi celesti transnettuniani e
l'hanno chiamata Nube di Oort.
Una
conferma strumentale della sua esistenza non è mai stata prodotta in quanto i
suoi oggetti si troverebbero troppo lontani dalla Terra per poter essere
osservati anche coi più moderni telescopi. Tuttavia la logica ci suggerisce che
se le comete fossero tutte nate durante la fase di formazione del nostro
sistema solare, visto e considerata la loro breve vita, attualmente non ne
dovrebbe più esistere nessuna.
Perciò
da qualche regione dello spazio devono per forza provenire.
Gli
scienziati l'hanno immaginata simile a una sfera cava, al centro della quale si
trovano il sole e, via via che ci si allontana, gli otto pianeti per giungere
infine ai plutoidi della fascia di Kuiper.
Ma
le ipotesi si sono spinte oltre! Come averla chiamata 'nube' non è stato
casuale, bensì dovuto al fatto che quest'area remota è stata considerata il
residuo della nebulosa da cui più di quattro miliardi di anni fa prese vita l'intero
sistema solare, così si è anche ipotizzato che altre stelle potessero avere una
loro nube di Oort; e l'estensione di queste regioni di spazio sarebbe tale da
riuscire a generare accidentali commistioni tra i loro corpi.
In
altre parole attorno al nostro Sole potrebbero gravitare comete provenienti da
altri sistemi solari nonché planetoidi nati ad anni luce dalla Terra.
Non
ci dobbiamo dunque meravigliare quando leggiamo che l'estensione della nube si
suppone compresa tra le 50.000 e le 200.000 UA, incontrandosi i suoi primi
corpi a una distanza di almeno 2.000 UA dalla nostra stella.
Quest'ultima
considerazione suggerisce però che si conosca qualcosa di più riguardo gli
oggetti che la popolano, se non altro quelli più vicini al Sole. Infatti ne
sono stati individuati alcuni, come:
- Sedna, nel 2003, avente un diametro massimo
compreso tra i 1.100 e i 1.800 Km e un afelio posto a circa 975 UA dalla
nostra stella; il perielio è invece molto più vicino, a circa 76 UA. Al
momento della sua scoperta essa si trovava in fase di avvicinamento al
perielio e molto vicina a esso, più o meno a 90 UA dal Sole; questo il
motivo principale per cui è stato possibile individuarla. Si è inoltre
stimato che nel momento di massima lontananza la sua temperatura
superficiale scenda sino a 23 gradi Kelvin che corrispondo più o meno a
-250 gradi nella scala Celsius!
- Eris, nel 2005, avente diametro di poco
superiore a 2.300 km (quindi secondo solo a quello di Plutone, ma di massa
superiore a quest'ultimo di almeno il 25%) che risulta essere l'oggetto
transnettuniano di massa maggiore fino a oggi scoperto nonché uno dei più
remoti, avendo il suo afelio a circa 97 UA dal Sole e un perielio a 35 UA,
nonché un'inclinazione del piano orbitale rispetto all'eclittica di ben 44
gradi.
Queste
ultime misure spaziali, in particolar modo l'ultima, paiono però in contrasto
con quanto si è detto poc'anzi: 97 UA sono ben lontane dalle 2.000 UA cui si
riferisce l'ipotetico inizio della nube di Oort.
Come giustificare tutto ciò?
Il
problema è che troppo frettolosamente si è stabilita l'esistenza di due regioni
dello spazio ben distinte, ma successivamente ci si è accorti che la realtà
potrebbe essere diversa, essendovi una certa gradualità nel passare dall'una
all'altra.
A
tale gradualità è stato quindi dato un nome e una definizione: si parla
di disco diffuso (meno frequentemente detto disco sparso, dall'inglese
'scattered disc') in riferimento a una regione periferica del sistema solare
ricca di planetoidi ghiacciati noti come oggetti del disco diffuso (scattered
disc objects), particolare categoria di oggetti transnettuniani. La parte più
interna del disco diffuso sfuma gradualmente nella fascia di Edgeworth-Kuiper,
ma la sua estensione è assai maggiore, e raggiunge anche regioni di spazio situate
notevolmente al di sopra e al di sotto dell'eclittica.
I
corpi di questa regione dello spazio hanno orbite molto più eccentriche che
descrivono piani molto più inclinati (anche più di 45 gradi) rispetto
all'eclittica. Sembra inoltre che abbiano la tendenza ad allontanarsi dal
centro del sistema solare ovvero a migrare verso la nube di Oort, comportamento
verosimilmente indotto dall'azione del campo gravitazionale di Nettuno.
Difficile
risulta l'indagine del disco diffuso; infatti la facilità di individuazione dei
suoi corpi è inversamente proporzionale alla loro distanza dal Sole nonché
direttamente proporzionale alla loro capacità di rifletterne la luce. Eris è
stato scoperto nonostante fosse prossimo al suo afelio a causa della notevole
luminosità, seconda soltanto a quella del satellite Encelado, uno dei più
importanti satelliti di Saturno.
Ma
altri corpi potrebbero avere scarsa luminosità, orbite decisamente inclinate
rispetto all'eclittica e non essere rilevabili nonostante le possibili maggiori
dimensioni.
Né
sarebbe così scontato escluderne la presenza sulla base delle sole
considerazioni di tipo gravitazionale.
Non
a caso recentemente perfino l'ipotesi dell'esistenza di un ipotetico pianeta X
(che a dispetto del nome risulterebbe il nono), avente massa pari a dieci volte
quella della terra e orbitante attorno al nostro Sole oltre la fascia di
Kuiper, è tornata nuovamente sotto i riflettori del mondo scientifico.
In
conclusione forse in un futuro nemmeno tanto remoto si scoprirà che la
struttura del nostro sistema solare risulta essere alquanto più complessa ed
estesa di quanto si credeva e ciò potrà un giorno contribuire all'esplorazione
dello spazio siderale rendendo più prossima la data del primo viaggio
interstellare.
I soggetti dimessi dalla terapia
intensiva per Covid-19 sono vivi, ma in quali pessime condizioni si ritrovano?
Se ne parla poco per non spaventare l’opinione pubblica: errore fatale! Se
tutti conoscessero la verità il comportamento generale sarebbe ben diverso da
quello attuale: superficialità generale nell’adottare le poche misure
preventive salvavita!
Si è puntato fin troppo su indossare la
mascherina e troppo poco sul distanziamento, che dovrebbe essere di almeno due
metri, come molti studi scientifici hanno evidenziato.
È ora di parlare
della sindrome post-covid
Non sempre chi
è considerato guarito dalla covid ne ha superato i postumi: su questi effetti a
lungo termine ci sono ancora pochi studi e fin troppa reticenza nel diffonderli.
Proprio perché
la COViD-19 è una malattia nuova, non esistono ancora studi sugli effetti a
lungo termine nei guariti all'infezione: nella fase dell'emergenza ci si è
concentrati sul salvare la vita dei pazienti, e i primi a guarire, in Cina, sono
usciti dagli ospedali solo pochi mesi fa. Tuttavia, un buon numero di persone
sopravvissute a forme non necessariamente gravi di covid continua ad avvertire
strascichi della malattia per settimane, addirittura mesi. Tanto che molti
scienziati ritengono che la "sindrome post-covid" sia da considerarsi
una famiglia di disturbi da seguire nel tempo, con fini di ricerca e
riabilitativi.
SFINIMENTO. Tra le possibili
(ma non obbligate) conseguenze a lungo termine della covid ci sono una
riduzione della funzionalità polmonare, lesioni al cuore, problemi neurologici
e cognitivi e in generale un senso di spossatezza che sembra non
passare mai. Questo è forse il sintomo più comune che lamenta chi è apparentemente
uscito dalla malattia: i sintomi di un persistente affaticamento con dolori
muscolari, difficoltà nel sonno, nella capacità di concentrazione e nella
memoria erano già stati accusati dai sopravvissuti alla SARS, e
sempre più spesso sono riportati da ex pazienti covid.
La sindrome
da stanchezza post-virale può dipendere dalla reazione immunitaria ai residui
del coronavirus nell'organismo, ma potrebbe essere legata anche alla diffusione di microcoaguli che riducono l'afflusso di sangue ossigenato nel corpo.
Da questo problema vascolare potrebbero dipendere anche i mal di testa e
l'affanno riportati da molti guariti. Il senso di fatica potrebbe anche essere
una conseguenza dell'attacco
del virus alle cellule che rivestono le pareti dell'intestino, che si infettano
e si infiammano: il virus persiste infatti a lungo nelle feci anche dopo essere
scomparso dai tamponi nasali, e finché l'equilibrio batterico intestinale non è
ripristinato possono prevalere stanchezza, mancanza di appetito, perdita di peso.
PROBLEMI AL CUORE. Il
coronavirus SARS-CoV-2 può attaccare il muscolo cardiaco,
e nei sopravvissuti a questo aspetto della malattia sembra poter causare danni
cardiaci a lungo termine, oltre a inasprire i disturbi al cuore preesistenti.
L'infezione da covid è stata collegata alla miocardite, una condizione che
comporta un'infiammazione che indebolisce il cuore e crea tessuto cicatriziale,
ostacolando la corretta circolazione del sangue ossigenato. I pazienti che
hanno subito danni al cuore dalla COViD-19 potrebbero essere più a rischio di
eventi acuti come infarti e ictus, e dovrebbero pertanto limitare fumo e alcol
in via preventiva.
IMPATTI NEUROCOGNITIVI. Sempre più
ricerche evidenziano sintomi neurologici nei pazienti ricoverati per covid,
come mal di testa, vertigini, perdita di coscienza, disturbi della vista,
perdita dell'olfatto e del gusto, dolore cronico. Alcune complicazioni a lungo
termine della covid potrebbero includere disturbi dell'attenzione, della
concentrazione e della memoria, nonché possibili disfunzioni dei nervi
periferici che raggiungono le dita, le braccia, le gambe. Complicanze
neurologiche quali formicolii, perdita di sensibilità, disturbi dell'equilibrio
e della coordinazione, sono stati accusati anche in rare occasioni da pazienti
guariti dalla SARS o dalla MERS, le altre due gravi infezioni da coronavirus.
Non è però
semplice distinguere le conseguenze della covid da quelle di un ricovero in
terapia intensiva. Nei pazienti guariti da forme gravi dell'infezione, alcuni
sintomi neurologici come il delirio (ossia uno stato di confusione mentale che
porta a sentire o a vedere cose che non esistono) potrebbero essere legati alla
permanenza in terapia intensiva (sia ai motivi per cui ci si è finiti, sia ai
trattamenti salvavita ricevuti). Un paziente su cinque tra chi è reduce da sindrome
da distress respiratorio acuto, una forma di insufficienza respiratoria che si riscontra
anche nelle forme più gravi di covid, sperimenta problemi cognitivi a lungo termine dovuti alla mancanza di corretta
ossigenazione, all'infezione subita o ai trattamenti ricevuti. Molti di questi
pazienti soffrono anche di disturbi da stress post-traumatico per l'esperienza
legata alla malattia.
LESIONI POLMONARI. I danni
polmonari del virus SARS-CoV-2 possono lasciare sui tessuti cicatrici perenni,
con conseguente difficoltà a tornare alla vita di tutti i giorni. Gli stessi
problemi sono stati accusati da parte dei guariti da SARS e MERS, ma a
differenza di queste precedenti infezioni, la covid attacca in genere entrambi
i polmoni, e non uno soltanto. Soprattutto i più anziani e chi soffre di
patologie pregresse potrebbero accusare, anche dopo la guarigione, i sintomi
della "fame d'aria" al primo cenno di attività fisica intensa.
Nell'era post-covid occorrerà affinare le capacità di valutare e seguire nel
tempo questi disturbi.
Tutto questo
ci dice che la COViD-19 è una malattia multiorgano che può avere effetti
duraturi su molti sistemi del corpo umano. La buona notizia è che ci si
aspetta che questi danni guariscano, con il tempo, nella maggior parte dei
pazienti. Ci si aspetta è solamente una speranza, se così non fosse: la
vita dei guariti sarebbe un inferno!
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