7 settembre 2022

Bamboo.

 




La fibra di bamboo è una fibra artificiale e fa parte della famiglia delle viscose, le quali, in passato, erano chiamate seta artificiale, o anche seta vegetale, in virtù della consistenza serica e ariosa, motivo per cui la fibra di bamboo viene oggi definita viscosa di bamboo.

La fibra tessile di Bamboo viene ricavata dallo stelo attraverso un processo di idrolisi alcalina e sbiancamento multifase. Analisi tecnologiche hanno dimostrato che questa fibra ha un grado di finezza vicino alla normale viscosa, con la medesima stabilità e tenacia.

 

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6 settembre 2022

VALUTAZIONE CONOSCITIVA DELLA PIANIFICAZIONE CONDIVISA DELLE CURE NEL PAZIENTE ONCOLOGICO.

Post da me liberamente tratto dall’articolo di Paola Sbardellati e Giulia Nazzicone pubblicato sul numero di Luglio - Agosto 2022 della rivista mensile dei Fatebenefratelli della Provincia Romana: “Vita Ospedaliera”. Rivista messa a disposizione di pubblico e pazienti nelle sale di attesa del reparto oncologico dell’ospedale Buccheri La Ferla di Palermo.

Prima di prendere posizione contro, o sparare sentenze gratuite di condanna, o peggio ancora accusa non esplicitata ma sott’intesa di stupidità, verso chi (come me) contesta un determinato genere di chemioterapia che non controbilancia la buona qualità della vita, chi lo fa dovrebbe prima leggere questo lunghissimo e esaustivo post.

Il 31 gennaio 2018 è entrata in vigore la Legge 22dicembre 2017 n. 219 contenente “Norme in materia di consenso informato e di disposizioni anticipate di trattamento”.

Come dichiarano nell’articolo1, la Legge n. 219 tutela il diritto alla vita, alla salute, alla dignità e all’autodeterminazione della persona e stabilisce che nessun trattamento sanitario possa essere iniziato o proseguito senza il consenso libero e informato della persona interessata, tranne che nein casi espressamente previsti dalla Legge.

La legge n. 219, oltre a disciplinare il consenso informato alle cure, riconosce anche due modalità particolari di autodeterminazione terapeutica e di espressione del consenso: le disposizioni anticipate di trattamento (DAT)  e la pianificazione condivisa delle cure (PCC), disciplinate rispettivamente dagli art. 4 e 5 della suddetta Legge.

Le disposizioni anticipate di trattamento (DAT), e la pianificazione condivisa delle cure (PCC), comunemente definite “testamento biologico” o “biotestamento”, costituiscono un <<documento nel quale si dichiarano le proprie volontà in ordine ai trattamenti sanitari, nella previsione di una futura incapacità di assumere personalmente tali decisioni>>.

La Pianificazione condivisa delle cure costituisce invece un’altra modalità di autodeterminazione sanitaria, che possiamo definire come un percorso di cura concordato tra medico e paziente, adattato in base alle esigenze specifiche di quest’ultimo e continuamente rivedibile per quei casi di <<patologia cronica e invalidante o caretterizzata da inarrestabile evoluzione con prognosi infausta>>.

Anche la PCC è da ritenersi come una espressione di volontà futura, inclusa la nomina di un fiduciario, da applicarsi nel momento in cui il paziente si venga a trovare nella condizione di non potere esprimere il proprio consenso o di incapacità, con la differenza che in questo caso, il disponente è sempre una persona già malata: l’adozione di due sostantivi diversi persona (nelle DAT) e paziente (rispetto alla pianificazione condivisa delle cure), fa quindi intendere che qualsiasi persona può esprimere le DAT, ma solo i pazienti possono partecipare alla pianificazione delle cure con il medico. Difatti, mentre le prime si riferiscono al “trattamento” e sono espressione di iniziativa unilaterale della persona, a prescindere da qualsivoglia relazione di cura con il medico, le altre fanno riferimento alla “cura”, cioè a un processo che nasce e si sviluppa nella relazione tra medico e paziente e che può portare anche a una desistenza terapeutica lecita e accompagnata.

La pianificazione condivisa delle cure è, infatti, concordata dal paziente e dal medico e si colloca in loro relazione, è perciò espressione, da un lato delle aspirazioni di cura della persona, dall’altro dalla responsabilità del medico, chiamato a impegnarsi per rendere concreto il diritto del paziente a essere reso consapevole e a esprimere le proprie aspirazioni e i propri desideri in tema di cure.

Messa così, la pianificazione condivisa della cura appare di competenza di entrambe i soggetti, mentre in realtà è il medico a proporre la cura, invece il paziente soltanto in un secondo tempo potrà riferire al medico il grado di sopportazione (in base anche agli effetti collaterali, che in definitiva sono soggettivi) e discutere circa una eventuale alternativa terapeutica meno aggressiva.

Nel momento in cui si lavora col malato oncologico, si deve tener presente quanto sia importante la comunicazione. Il paziente deve sentirsi considerato, accolto e seguito: pertanto, la comunicazione e l’informazione devono essere partecipate, chiare, rispettose e soprattutto mai interrotte. Bisogna stabilire un dialogo che abbia come obiettivo quello di guidare il paziente durante tutto il percorso terapeutico e che riguardi quanto il “paziente può realisticamente attendersi in termini di qualità della vita, sulle possibilità cliniche di intervenire e sulle cure palliative” (Art. 5, L. 219/2017). Circa la qualità della vita durante il percorso chemioterapico, tra le altre informazioni fornite dall’oncologo e finalizzate al consenso informato, quest’ultimo tende a sorvolare per non spaventare il paziente, che dal canto suo si troverà impreparato a sopportare eventuali effetti collaterali pesanti, pertanto potrebbe rimanere traumatizzato.

Anche a una prima lettura risultano, quindi, le differenze dei due diversi sistemi - DAT e PCC - nonostante entrambe, essendo veicolo di autodeterminazione in materia di trattamenti sanitari, debbono essere osservate nell’ottica della riflessione sul ruolo del medico e del paziente che ha evidenziato, negli ultimi anni, la necessità di definire i confini della relazione terapeutica e di riaffermare la centralità, nel percorso assistenziale, non più solo della malattia ma del paziente, in una visione olistica che tenga conto anche delle sue preferenze, delle sue convinzioni personali, dei valori e del suo personale concetto di “qualità della vita”.

La PCC, pur essendo meno conosciuta rispetto alle DAT, rappresenta uno strumento di grande praticità, da sempre presente all’operatore sanitario, in quanto si caratterizza per avere un potenziale contenutistico molto ampio e per essere costruita “su misura” del paziente, in base alle concrete esigenze dello stesso e alla sua personalità; permette , inoltre, una maggiore dinamicità e compartecipazione, essendo il frutto del continuo processo comunicativo medico-paziente alla luce del rapporto di fiducia che li lega e non invece una mera dichiarazione unilateralmente disposta da quest’ultimo. Non di meno la sua importanza va sempre ribadita.

Sulla base di quanto detto, è tuttavia bene sottolineare che la condizione della pianificazione delle cure, non significa che il medico condivida sempre la volontà del paziente. Il tema del dialogo però, deve essere ripreso regolarmente per comprendere eventuali cambiamenti negli intendimenti espressi dal paziente. Il meduico 0offr54e alm paziente la propria competenza tecnico-scientifica, assicurandosi che sia stata ben compresa: poi deve accettare la sua scelta.

La PCC è una sorta di consenso a un progetto globale, costituito da una serie di attività interconnesse, a ciascuna delle quali il paziente sceglie se eventualmente aderire. Questi può decidere di accogliere, del tutto o solo in parte, le proposte terapeutiche del medico o addirittura di respingerle. In sintesi: la volontà del paziente può discostarsi dalle proposte del medico. Questa caratteristica mette in luce un aspetto fondamentale della PCC, ovvero la qualità della relazione terapeutica  medico-paziente. Se questa si struttura su presupposti corretti, come l’ascolto, la presa in carico, l’impegno a garantire tutte le attività idonee a dare corretta e adeguata risposta ai bisogni del paziente e alle sue aspirazioni di salute, nel rispetto dell’autonomia tecnico-scientifica del medico e nel rispetto dell’autonomia decisionale del paziente, dovrebbero non verificarsi casi nei quali non si concretizzi  la pianificazione condivisa delle cure.

L’oncologo spesso si trova a dover sostenere anche una comunicazione non verbale e in collaborazione con lo psicoterapeuta cerca di supportare, curare e guidare il paziente. Le domande che il paziente oncologico pone, spesso sono difficili, scomode. Il medico deve poter essere visto come un punto di riferimento e con la collaborazione dello psicoterapeuta riesce a orientarsi nel fornire le risposte più indicate. Bisogna sottolineare l’importanza della guida che il paziente oncologico deve trovare durante il suo percorso terapeutico: si deve creare una relazione di fiducia solida, affinchè il paziente possa scegliere in modo consapevole, quanto ritiene più opportuno per se stesso. All’interno di questo lavoro, pertanto,  si è ritenuto opportuno andare a indagare  e approfondire il tema della Pianificazione Anticipata delle Cure, relativamente alla conoscenza della sua esistenza da parte dei pazienti oncologici, in cura presso un ospedale Fatebenefratelli. L’articolo 5 della Legge 219 afferma che ogni persona (qui denominata paziente) ha il diritto di << conoscere le proprie condizioni di salute  e di essere informato in modo completo, aggiornato e a lei comprensibile riguardo alla diagnosi, alla prognosi, ai benefici e ai rischi degli accertamenti diagnostici e dei trattamenti sanitari indicati,  nonché riguardo alle possibili alternative e alle conseguenze dell’eventuale rifiuto al trattamento sanitario  e dell’accertamento diagnostico o della rinuncia ai medesimi >>.  

"La chemioterapia non è una passeggiata" lo dicono coloro che non si sono sottopposti ad un trattamento chemioterapico. Chi lo ha fatto non impiegherebbe il termine passeggiata, perchè la chemioterapia, in tutti i casi rappresenta una tragedia, trascorsa oppure in corso.

     

 

 

 

 

 

 

 

      

 

  


3 settembre 2022

PROFILAZIONE.

 


Wikipedia: Per profilazione dell'utente si intende correntemente l'insieme di attività di raccolta ed elaborazione dei dati inerenti agli utenti di servizi per suddividere l'utenza in gruppi di comportamento.

La definizione proposta da Wikipedia, anche se riferita all’utenza, appare superficiale e poco aderente alla realtà.

A cosa serve la profilazione degli utenti?

In ambito commerciale, la profilazione dell'utente è uno strumento del cosiddetto marketing mirato, che fa ampio uso di questa e altre tecniche per ottenere accurate analisi dei potenziali clienti, operando spesso al limite del legalmente consentito, quando non oltre.

In realtà la mastodontica raccolta di dati riferiti ad un soggetto non si limita soltanto al marketing mirato, ma sconfina pesantemente nel determinare gusti personali, aspirazioni, tendenze sociali e politiche di chiunque.

Quali sono i possibili rischi della profilazione per l'utente?

Il rischio della profilazione è che possa arrecare danni alle persone fisiche, al contrario in ambito commerciale il rischio è quello della “price discrimination”. Ciò significa creare disuguaglianza sociale o discriminare le minoranze.

La profilazione online: risorsa o rischio?

L’universo digitale in cui ognuno di noi è immerso genera importanti conseguenze su diversi livelli della nostra esistenza e dello stare in società. La tecnologia si è oggi completamente fusa con il mondo offline producendo influenze sulla realtà che si ripropongono attraverso un meccanismo di feedback sul mondo della rete. Dominio delle piattaforme, Internet è un enorme magazzino di dati relativi ad ogni individuo, dati che vengono impiegati per scopi di varia natura e secondo modalità più o meno trasparenti.

Una delle più diffuse applicazioni del dato è la personalizzazione dell’esperienza degli utenti in rete, le cui implicazioni per brand e consumatori sono di duplice natura. Esistono svariate App per la profilazione dell’utente, spesso mascherata da profilazione social come strumento di marketing. Numerose ricerche, infatti, testimoniano l’efficienza della profilazione sul web in termini di praticità e fluidità di navigazione dell’utente, che senza l’impiego del dato troverebbe l’esplorazione della rete un’impresa particolarmente ardua. Parallelamente, altrettante sono le voci di denuncia circa le modalità di utilizzo dei dati, accusati di contribuire alla costruzione di una realtà filtrata con profonde conseguenze, non solo l’esperienza online degli individui bensì anche sulla loro complessiva esperienza di vita.

Circa gli aspetti tecnologico, storico e strutturale sottostanti l’impiego dei cookie, l’obiettivo è quello della profilazione dell’utente, al quale vengono riservate le teorie e le implicazioni di quello che è un processo ormai accessibile a qualsiasi realtà presente sul web.

Garante della privacy

Il Garante deve fornire “consulenza, a norma del diritto degli Stati membri, al parlamento nazionale, al governo e ad altri organismi e istituzioni in merito alle misure legislative e amministrative relative alla protezione dei diritti e delle libertà delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali”.

In realtà i compiti del garante vengono totalmente bypassati dall’essere costretti a dare il proprio consenso accettando particolari condizioni, e quasi sempre cookie, per poter accedere a pagine o siti Internet. La mancata accettazione di ben precise richieste, di società che operano on-line sul web, (molto spesso illegali) impedisce l’accesso alle loro pagine o sito Internet.

L’utilizzo di Internet, ma anche del pc, telefonino, televisore, carte di credito e bancomat, navigatore ecc. , rende l’utilizzatore esposto alla profilazione, ovvero alla lettura da parte di terzi delle sue abitudini, tendenze e gusti personali come fosse un libro aperto e, purtroppo, l’unico modo per sottrarsi sarebbe non utilizzarli, il che è praticamente impossibile.

 

 

 

 

 


1 settembre 2022

Come usare l’energia solare di sera: l’accumulo.

 

 


Per ottimizzare l’autoconsumo di un fotovoltaico sfruttando l’energia solare anche di sera è possibile ricorrere ad una batteria di accumulo, integrandola nell’impianto già esistente (vedi immagine dello schema).

Lo storage fotovoltaico permette di accumulare in apposite batterie l’energia auto prodotta per poterla sfruttare in un secondo momento a seconda delle necessità.

Il fotovoltaico, dotato di pannelli in silicio che assorbono l’energia solare per trasformarla in elettricità, non può essere sfruttato durante la notte o nelle ore serali, ossia quando il sole è tramontato e dunque non può più alimentare l’impianto.

Installare un sistema di accumulo a batteria consentirà di sfruttare l’energia prodotta in eccesso anche in queste fasce orarie senza doverla reimmettere in rete e dunque senza pagare costi aggiuntivi.

Questa soluzione è dunque un modo intelligente per tagliare le spese in bolletta, riducendo i consumi ma soprattutto i costi fissi e adeguando il proprio impianto alle reali necessità familiari e abitudini, senza sprechi o inquinamento ambientale.

Accumulare l’energia auto prodotta e non utilizzata consente, infatti, di avere energia pulita e sostenibile al momento del bisogno, così aumentando in modo pratico la propria quota di auto-consumo.

La quota di energia auto prodotta non sarà in questo caso prodotta e sfruttata in modo diretto ossia prodotta dai pannelli e immediatamente utilizzata ma sarà utilizzata in modalità differita ossia anche nel momento in cui l’energia solare non alimenta più l’impianto.

Questo sistema può garantire un risparmio anche del 90% sulle spese addebitate in bolletta per l’elettricità e fornire un aiuto concreto per salvaguardare il pianeta orientando il consumatore sempre più verso soluzioni alternative ai combustibili fossili.

Prezzi

Una batteria agli ioni di litio 12V da 300 AH costa circa 3000 euro a questo dobbiamo aggiungere un regolatore di carica ed un inverter, apparecchio che trasforma l’energia elettrica da continua ad alternata. Arriviamo quindi ad un prezzo di circa 4300 euro.

Tesla ha prodotto il suo sistema di batterie per fotovoltaico chiamato Powerwall, disponibile in due tagli da 13,5 kWh e 7 kWh ad un prezzo che si aggira intorno ai 7000 euro. Un po’ meno costano i sistemi di stoccaggio di LG e della tedesca Sonnen. Powerwall di Tesla addirittura può essere montata all’ aperto.

 

 

 

 


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