16 agosto 2018

Seguimi sulla mia pagina del profilo Facebook: https://www.facebook.com/andrea.arena.315428: Benetton & C. non sono sicuramente dei fessi.

Seguimi sulla mia pagina del profilo Facebook: https://www.facebook.com/andrea.arena.315428: Benetton & C. non sono sicuramente dei fessi.

Benetton & C. non sono sicuramente dei fessi.



Autostrade per l'Italia non è quotata in borsa, ma lo è la sua cassaforte: Atlanta!

Nel caso in cui fosse revocata dallo Stato, la concessione per la manutenzione delle autostrade ad Autostrade per l'Italia, il contratto prevede che lo Stato paghi alla socierà concessionaria una penale tra i 15 ed i 20 miliardi di Euro.

Nei contratti con i privati lo Stato si cala le braghe ed al danno aggiunge la beffa.

Crolla il viadotto Morandi a Genova, almeno 50 morti, oltre a numerosi feriti gravi.

Scontro nel Governo tra chi vorrebbe revocare subito la concessione ad Autostrade per l'Italia, pagando la forte penale, e chi non è d'accordo.

Come funziona il contratto di manutenzione delle autostrade italiane.

Un Privato ha fatto e fa i soldi con i pedaggi e fa una manutenzione discutibile, ma non solo, se lo Stato gli dovesse revocare il mandato lo deve profumatamente risarcire.

Cosa è accaduto e sta accadendo

Da quando la costruzione e manutenzione delle autostrade è passata dall'ANAS ai privati, questi ultimi incassano il pedaggio, eseguendo la manutenzione a modo loro: mentre prima (ANAS) veniva rifatto il manto stradale del tratto danneggiato, dopo (i privati) si limitano a coprire soltanto il buco e le autostrade sono diventate col manto deformato da piccoli dossi o depressioni, le automobili vi saltellano sopra ed i viaggi in auto diventano come il tagadà delle giostre .... ed addio sicurazza: o vai a velocità moderata oppure rischi di volare fuori strada.

2015 Palermo: crolla il viadotto Scorciavacche dieci giorni dopo l’inaugurazione (inaugurazione senza collaudo). Matteo Renzi: «è finito il tempo degli errori che non hanno mai un padre. Pagheranno tutto».
Come è finita? Dopo il teatrino del rimpallo delle responsabilità: NESSUNO HA PAGATO !!

Allora come adesso, adesso come allora: finito il polverone del momento per il crollo a Genova, se ne parlerà ancora? Nutrire qualche dubbio appare legittimo.

Nella foto: il viadotto Scorciavacche.


10 agosto 2018

Seguimi sulla mia pagina del profilo Facebook: https://www.facebook.com/andrea.arena.315428: LA MISS ITALIA MAI ELETTA

Seguimi sulla mia pagina del profilo Facebook: https://www.facebook.com/andrea.arena.315428: LA MISS ITALIA MAI ELETTA

LA MISS ITALIA MAI ELETTA





Candida Rando, fu eletta Miss Romagna nel 1955.

Candida, non aveva mai pensato di presentarsi al concorso di miss Romagna, si era trovata per caso seduta ad un tavolo del locale dove stava avvenendo la selezione delle candidate per miss Romagna; fu notata dalla giuria, invitata a salire sul palco fu subito aggiunta alla lista delle concorrenti ed eletta all'unanimità: aveva sbaragliato le altre.

La sedicesima edizione di Miss Italia si svolse a Rimini, in un'unica serata il 6 settembre 1955. Vinse la diciottenne calabrese Brunella Tocci.

Candida Rando, quello stesso anno, non ha partecipato al concorso nazionale di miss Italia, che molto probabilmente avrebbe vinto, lo dicono le foto.

Le prime due foto sono di mia cugina Candida Rando (ventenne), miss Romagna 1955.


La terza foto è di Brunella Tocci, miss Italia 1955.

1 agosto 2018

Seguimi sulla mia pagina del profilo Facebook: https://www.facebook.com/andrea.arena.315428: Il caso “Pelagosa”: a poche miglia dalle coste pugliesi

Seguimi sulla mia pagina del profilo Facebook: https://www.facebook.com/andrea.arena.315428: Il caso “Pelagosa”: a poche miglia dalle coste pugliesi

Il caso “Pelagosa”: a poche miglia dalle coste pugliesi






Pelagosa è un microscopico arcipelago di isole al centro dell’Adriatico, composto da due isole maggiori, la Pelagosa Grande e Piccola, per una superficie totale di neanche 0,5 Kmq, e una dozzina di isolotti e scogli, tra i quali si segnala Cajola, isolotto roccioso piatto e lungo 180 metri.



L’arcipelago è situato a circa 70 Km ad est delle Tremiti, ma a soli 53 Km dalle coste del Gargano.
Pelagosa dipende amministrativamente dal comune di Comisa, piccolo paese dell’isola di Lissa, Croazia… non è una boutade, Croazia, dicevo, benchè disti 70 Km dall’isola di Lagosta, equidistante quindi dalle Tremiti, ma ben 150 da Ragusa, la maggiore città della terraferma dalmata più vicina e alla quale ne è prospicente, a conti fatti tre volte la distanza con le coste italiane.



Le vicende storiche che hanno investito l’arcipelago,  partono dai romani che abitarono le isole e vi fondarono un tempio. Proseguono con il dominio borbonico del Regno delle due Sicilie, amministrativamente fu riunificato con il distretto di Capitanata (Foggia); nel 1843 Ferdinando II ripopolò le isole, assieme alle Tremiti, con pescatori originari di Ischia, che continuarono per un secolo ad abitare quelle isole e a parlarvi il loro dialetto napolitano-ischitano. Nel 1861, con l’unificazione del Regno d’Italia, Pelagosa passa dalla sovranità borbonica ai Savoia.



Dal 1862 in poi, iniziano una serie di scaramucce tra Italia ed Austria, che si conclusero quando l’Austria sostituì la bandiera italiana con la propria; nel 1873 gli austriaci se ne impossessarono definitivamente con un’azione militare unilaterale.



In questa parentesi austriaca debole è stata la reazione italiana, benchè ci furono, nel 1891, le interrogazioni del deputato napoletano Imbriani all’allora presidente del Consiglio Di Rudinì. Nonostante l’interessamento del primo ministro italiano, il Regno sabaudo si limitò a flebili rimostranze diplomatiche che non sortirono però alcun effetto.


Ma l’11 luglio 1915 il tricolore torna a sventolare su Pelagosa, con un’imponente operazione della Marina Militare partita da Brindisi. In precedenza, infatti, era stato ratificato il Trattato di Londra dell’aprile 1915, che prevedeva in caso di vittoria dell’Intesa la cessione all’Italia anche di Pelagosa. Cessione codificata con la firma del Trattato di Rapallo del 12 novembre 1920, che stabiliva: “Le isole del Quarnaro e della Dalmazia,  fanno parte del regno d’Italia  con Lagosta e Pelagosa e con gli isolotti adiacenti…” .



Dopo gli ultimi eventi bellici, il 10 febbraio 1947, nel Trattato di Parigi, viene ratificata alla Jugoslavia la “piena sovranità sull’isola di Pelagosa e sugli isolotti adiacenti”, aggiungendo che la zona, vista la vicinanza alle coste italiane, sarebbe rimasta smilitarizzata. Con la secessione dalla Federazione jugoslava del 1991, il possesso delle isole passa automaticamente alla Croazia senza essere contestato dall’Italia in alcun modo.



Quel Trattato torna periodicamente d’attualità, quando i pescherecci di Manfredonia “sconfinano” nelle acque croate, esponendosi al sequestro e al pagamento di multe particolarmente salate.
Quel trattato di pace stabilì anche che i pescatori italiani avrebbero goduto "gli stessi diritti a Pelagosa e nelle acque adiacenti, di quelli goduti dai pescatori jugoslavi prima del 6 aprile 1941" (ossia il diritto, in base agli "Accordi di Brioni" del 14 settembre 1921 e agli Accordi di Nettuno del 20 luglio 1925 tra il Regno d'Italia e Regno dei Serbi, Croati e Sloveni, di pescare con non più di 40 barche di stanza a Lissa e in determinati specifici periodi).


Le acque di Pelagosa sono ancora oggi visitate da numerosi pescherecci italiani, nonostante si tratti di acque territoriali croate. E non senza incidenti di percorso, come quello che ha visto protagonista il motopeschereccio “Destriero” sequestrato dalle autorità croate, con l’accusa di aver sconfinato ed illegalmente pescato.



Sulla possibilità che il trattato di pace sia ancora vigente e funzionante, qualche perplessità si può nutrire. Venne firmato infatti dall’allora Iugoslavia: con la crisi dei Balcani, dal 1991, le isole del piccolo arcipelago sono divenute croate; occorrerebbe che venga intrapresa un’azione diplomatica verso il paese “dirimpettaio” per garantire il rispetto di quanto statuito dal Trattato.



In effetti qualcosa c’è: nel 2003 il Parlamento (Sabor) della Croazia ha approvato con decisa maggioranza l’istituzione di una zona di protezione ittica e ambientale che, proponendosi lo sfruttamento esclusivo delle risorse ittiche, dei fondali marini e del sottosuolo, ha di fatto esteso la sovranità del Paese nella zona, procurando la scomparsa di un canale di acque internazionali e ulteriori danni alla pesca italiana, e questo spiega finalmente i numerosi fermi degli ultimi anni.



Ecco quindi il nodo di Gordio, non tanto il mercato ittico, che pure quello italiano viene grandemente danneggiato, ma le risorse del sottosuolo. In pratica le autorità croate non vogliono imbarcazioni italiane nella zona attorno Pelagosa, forse perchè, e questa è una notizia di stretta attualità, vi si devono condurre dei saggi esplorativi?


Nel marzo del 2014 infatti il governo croato ha emesso un bando per l’esplorazione e lo sfruttamento degli idrocarburi nel Mare Adriatico. Vi partecipano le maggiori compagnie petrolifere, tra le altre figurano la Shell, l’Eni e l’ExxonMobil, e nei ventinove blocchi di fondali destinati a questo progetto vi è anche quello dell’arcipelago di Pelagosa. Per il ministro degli esteri croato Ivan Vrdoljar l’Adriatico «è una piccola Norvegia di gas a nord e di petrolio a sud», o ancora «nuovo hub energetico dell’Europa sudorientale». Gli studi croati stimano che sotto il mare di loro pertinenza ci siano ben 3 miliardi di barili di gas e petrolio da estrarre in oltre 12 mila chilometri quadrati.



Dal 2010 gli ambientalisti italiani e i movimenti “NoTriv” si oppongono a tutti i progetti italiani di estrazione nell’Adriatico, respinti anche da una commissione ministeriale chiesta dalle regioni Veneto, Abruzzo, Molise, Marche e Puglia che giudica positiva la valutazione di impatto ambientale e per un elevato rischio di subsidenza comportante eventuali sismi.



Adesso all’Italia non resta che subire passivamente la politica egemonica della Croazia sull’Adriatico e gli effetti della imponente manovra energetica saranno a beneficio solo di Zagabria, con buona pace degli ecologisti di casa nostra che, a torto o ragione delle loro motivazioni, si vedranno comunque le trivelle un metro al di là del confine, solo che non saranno trivelle italiane. E la storia si è fatta beffa nuovamente della sorte della nostra Pelagosa.


This page is powered by Blogger. Isn't yours?

Iscriviti a Post [Atom]