25 novembre 2019

ATTITUDINE AL COMPORTAMENTO CODIFICATO.





“L’attitudine comportamentale” mira a rinforzare e sostenere la consapevolezza dei partecipanti in merito alle proprie risorse, al fine di poterle capitalizzare e svilupparle al meglio nella propria quotidianità.

Il comportamento umano è condizionato dal fatto di essere legato a schemi codificati e preordinati, ad esempio chiamare padre e madre i propri genitori.

Mi sono chiesto cosa potrebbe accadere rompendo o invertendo gli schemi comportamentali. Segue un esempio, forse non molto calzante, ma che rende in modo approssimativo la mia stranissima idea.

Chiamare figlio il proprio padre e figlia la propria madre, se venisse accettato, pur mantenendo le prerogative genitoriali naturali, li convincerebbe a comportarsi come figli ma con la maturità e l’esperienza fino a quel momento acquisita.

I genitori a loro volta, chiamando papa’ il figlio maschio e mamma la femmina, convincerebbe questi ultimi a comportarsi da genitori, provando a non commettere gli errori dovuti ad inesperienza ed immaturità.

La forzatura o inversione degli schemi codificati potrebbe produrre risultati difficilmente immaginabili. Chissà se potrà mai accadere.

Gli schemi preordinati sono come una crosta esterna che ricopre i nostri comportamenti, rompendo tale crosta libereremmo alcune possibili potenzialità latenti, che forse esistono ma che non sappiamo di possedere.


22 novembre 2019

L'INCONSCIO.


INCONSCIO

<< Le nevrosi includono tutte quelle categorie patologiche meno gravi rispetto alla psicosi e verso cui la differenza fondamentale riguarda il livello di contatto che l’individuo mantiene con la realtà.
I pazienti nevrotici percepiscono infatti la realtà correttamente, ma si sentono comunque spinti ad agire in modo incongruo rispetto ad essa, esibendo dei comportamenti caratterizzati da: ansia, fobia, ossessioni >>.
La precedente parte, ricompresa all’interno del virgolettato, definisce le nevrosi dal punto di vista degli studi psicologici, come se fossero una anomalia cerebrale. Secondo il mio modesto parere, si sta commettendo lo stesso grossolano errore che veniva commesso in passato nei confronti dei soggetti affetti da autismo: venivano considerati pazzi e talvolta rinchiusi nei manicomi. La psicologia ha praticamente catalogato e definito l’argomento, definendo nevrosi alcuni aspetti del comportamento umano,la nevrosi è una malattia cerebrale;  lo ha fatto con eccessiva superficialità. Vediamo perché.
Nella nostra mente le varie parti dell'inconscio (gli affetti, i pensieri, i desideri, le aspettative e le paure), interagiscono continuamente fra di loro configurando ciò che viene chiamato “conflitto inconscio”. In realtà non si tratta affatto di un conflitto; la stessa definizione di inconscio, preconizza la possibile esistenza di una seconda mente, quasi come se si trattasse di un secondo cervello strettamente legato al primo e conseguente ad esso.
Come funziona
Rispetto alla tesi, sostenuta da alcuni, che utilizziamo soltanto una piccola parte del nostro cervello, la ricerca scientifica risponde che noi utilizziamo per intero il nostro cervello. Come fa a saperlo? Lo sa la medicina mediante la strumentazione che rileva l’attività elettrica del cervello.  Questo però non basta, non a me.
E’ come se definissimo funzionante l’impianto elettrico di un appartamento, avendo visto accesa la luce dentro una stanza: non sappiamo che le altre luci sono momentaneamente spente, ma sono esse a determinare l’interezza dell’impianto elettrico; una stanza illuminata non basta a dire che l’intero impianto elettrico è in funzione: non è vero. La stessa identica cosa accade nel nostro cervello, rilevare l’attività elettrica di una sua parte, non significa affatto che quella parte sia totalmente in funzione. Del nostro cervello sappiamo poco e di come funziona sappiamo pochissimo .
Dunque, come funziona l’inconscio?
La psicologia individuale è quella che definisce la nostra natura. A volte nella vita commettiamo errori ed il nostro cervello sa bene che li abbiamo commessi. Se quegli errori si discostano dalla nostra natura (ipotizziamola buonista) ed il nostro cervello sa che abbiamo arrecato danno grave ad altri soggetti, attiva automaticamente l’inconscio, che provvede a riequilibrare il “sistema psicologico individuale” (potrebbe rientrare nel carattere), infliggendo al nostro organismo delle punizioni: ed ecco che si manifestano le patologie autoimmuni.
Le malattie autoimmuni derivano dal sistema immunitario che aggredisce se stesso: si autopunisce comandato dall’inconscio.
Non è mia intenzione definire qui, adesso, se e come sia possibile comunicare con il proprio inconscio. La tal cosa la sto ancora elaborando (oserei dire sperimentando) e non è detto che ritornerò su questo stesso tema.  Non ho alcuna voglia di venire definito folle, ovvero promosso da una visione travisata o deformata della realtà. I preconcetti sono molto pericolosi e ne vedo fin troppi in circolazione: se non accetti i canoni comuni ti definiscono pazzo.










10 novembre 2019

INDECISIONE - Cos'è e da cosa deriva.






In alcuni momenti della nostra vita, capita a tutti di trovarsi a un bivio e dover prendere una decisione difficile. Iniziamo ad avere dubbi e siamo nervosi, perché non sappiamo quale strada prendere. Niente paura, è normale. Tuttavia, quando l’indecisione influenza la nostra vita quotidiana, le nostre relazioni e si manifesta a causa di stress, ansia e persino depressione, potremmo trovarci di fronte a un caso di abulomania.

L’abulomania è un disturbo mentale invalidante, non un problema di insicurezza. Le persone affette da questa patologia non hanno fiducia in se stesse, non riescono a prendere decisioni e difficilmente riescono a relazionarsi con gli altri (partner, amici, familiari, colleghi e così via). Dover scegliere tra due dolci, ad esempio, può essere un’odissea. Ebbene sì, l’abulomania arriva fino a questo punto.

Per determinare la causa dell’abulomania, bisogna fare uno studio approfondito del soggetto affetto, dato che non è chiaro quali possono essere le cause scatenanti di questo problema. Tuttavia, gli studi avvalorano diverse ipotesi. Una delle possibili cause potrebbe avere origine nella corteccia prefrontale del cervello. Si tratta di un’area associata alla presa di decisioni, dunque molti ricercatori pensano che possa essere strettamente relazionata a questo disturbo mentale. Un’altra delle cause che si ipotizzano risiede nell’educazione ricevuta, anche se questa è un’ipotesi che i ricercatori valutano con cautela.

Tralasciamo gli aspetti funzionali o patologici dell’indecisione ed occupiamoci di un aspetto secondo me ancora poco indagato: la mente razionale e quella emotiva o irrazionale.

Per creare un equilibrio più funzionale tra emotività e ragione è necessario non solo favorire l'integrazione ma promuovere uno stato mentale alternativo che la psicoterapeuta americana Marsha M. Linehan chiama "mente saggia".
Grazie a questo stato mentale siamo in grado di acquisire informazioni non solo dai "canali" emotivo e razionale ma anche di poter far affidamento sull'
intuizione.

Possiamo osservare i nostri processi mentali e le nostre emozioni mediante due processi mentali che si manifestano contemporaneamente, è come se avessimo due distinti cervelli che interagiscono, ma chi dei due determina la decisione finale, in parole povere: chi dei due comanda?

Tutte le volte che prendiamo una decisione importante: dire o non dire, fare o non fare una determinata cosa, una vocina di sottofondo ci dice che abbiamo alternative e determina l’indecisione. L’idea iniziale di fare o dire, finisce per farci decidere di farlo o dirlo. Accade perché la decisione finale è soggettiva e nessuno esterno a noi ha la capacità di intromettersi per farci scegliere la soluzione che alla "mente saggia" appare più opportuna o conveniente: alla fine agiamo per istinto e l’istinto è quasi sempre irrazionale.

Riuscire a controllare l’istinto risulta parecchio difficile e lo è altrettanto il vecchio adagio: “prima di agire conta fino a dieci”. A volte si presentano situazioni nelle quali occorre agire all’istante seguendo l’istinto (giusto o sbagliato che sia ciò che decidiamo), ma questo avviene raramente, molto più spesso abbiamo il tempo necessario per fare una scelta, ma non essendo abituati a tergiversare, finiamo per fare scelte sbagliate, giustificandole con: “non ho avuto il tempo di riflettere”, anche se questo quasi mai corrisponde al vero.

A questo punto ed a proposito dell’indecisione, non di poco conto è la domanda: “quanto riesci ad essere te stesso senza farti condizionare da voler piacere agli altri?”.

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