8 giugno 2020

C'E' ALTRA VITA NEL SISTEMA SOLARE?

C’E’ ALTRA VITA NEL SISTEMA SOLARE?

I satelliti di maggior interesse, appartenenti ai pianeti del Sistema Solare, hanno tutti acqua nel sottosuolo. Sappiamo che i fondali oceanici terrestri, anche in assenza di luce, ospitano diverse varietà di vita animale. Incaponirsi nel cercare segni di vita su Marte non appare quindi logico. Se altra vita c’è, è molto più probabile trovarla sui satelliti dei pianeti che non sui pianeti stessi.

 

Elenco di satelliti naturali nel sistema solare con la possibilità di ospitare ambienti abitabili:

Nome

Sistema

Voce

Note

Europa

Giove

Vita su Europa

Si ritiene abbia un oceano sotterraneo mantenuto da attività geologica, riscaldamento delle maree e irradiazione. La luna può avere più acqua e ossigeno rispetto alla Terra e un'esosfera di ossigeno].

Encelado

Saturno

Vita su Encelado

Si ritiene abbia un oceano di acqua liquida sotterraneo a causa del riscaldamento dovuto alle maree] o all'attività geotermica]. È stato rilevato idrogeno molecolare libero (H2), fornendo un'altra potenziale fonte di energia per la vita

Titano

Saturno

Vita su Titano

La sua atmosfera è considerata simile a quella della Terra primitiva, sebbene un po' più spessa. La superficie è caratterizzata da laghi di idrocarburi, criovulcani e pioggia e neve di metano. Come la Terra, Titano è protetto dal vento solare da una magnetosfera, in questo caso il suo pianeta madre per la maggior parte della sua orbita, ma l'interazione con l'atmosfera lunare rimane sufficiente per consentire la creazione di molecole organiche complesse. Ha una remota possibilità di una biochimica esotica basata sul metano

Callisto

Giove

Vita su Callisto

Si ritiene abbia un oceano sotterraneo riscaldato dalle forze di marea[35]].

Ganimede

Giove

Vita su Ganimede

Si ritiene che possieda un campo magnetico, con ghiaccio e oceani sotterranei accatastati in diversi strati, con acqua salata come secondo strato sopra il nucleo roccioso di ferro.

Io

Giove

Per la sua vicinanza a Giove, è soggetto a un intenso riscaldamento mareale che lo rende l'oggetto più vulcanicamente attivo nel sistema solare. La perdita di gas genera tracce di atmosfera.

Tritone

Nettuno

Vita su Tritone

La sua elevata inclinazione orbitale rispetto all'equatore di Nettuno determina un notevole riscaldamento mareale, che suggerisce uno strato di acqua liquida o un oceano sotterraneo.

Dione

Saturno

Vita su Dione

I dati raccolti nel 2016 suggeriscono un oceano acquatico interno con meno di 100 chilometri di crosta probabilmente adatto alla vita microbica.

Caronte

Plutone

Possibile oceano interno di acqua e ammoniaca, basato sulla sospetta attività crio-vulcanica].

Immagine

Europa, la luna di Giove potenzialmente abitabile.


SINDROME SGOMBROIDE


Mai sentito parlare di sindrome sgombroide?

L'intossicazione da istamina o “Sindrome Sgombroide” è una forma di intossicazione alimentare causata dal consumo di pesce e di prodotti a base di pesce contenenti elevati livelli di istamina.

Se durante una cena, o poco dopo, cominciamo a sentire prurito, mal di testa, affanno, tachicardia, eritema diffuso del collo e volto (reazione allergica viso rosso), difficilmente metteremo in relazione questi sintomi con il cibo. Ma se abbiamo mangiato pesce, ci sono pochi dubbi: abbiamo la sindrome sgombroide. Infatti, invece di nausea e mal di pancia, questa particolare intossicazione alimentare dà mal di testa e prurito. A provocare questa reazione è l’ingestione di una sostanza che chiama istamina. La troviamo nei prodotti ittici come risultato della decomposizione dell’istidina, un amminoacido presente nelle specie appartenenti alle famiglie Scombridae e Scomberascidae: tonnosgombrosardesardineacciughe (da cui il nome della sindrome). Se la conservazione di questi alimenti (anche da freschi) non è stata corretta, la decomposizione accelera e si formano grandi quantità di istamina.

Parlando del tonno in scatola sott'olio, è impossibile non menzionare l'elevatissimo rischio di frode alimentare! Poiché molti produttori, anche di incontrovertibile scarsa qualità, dichiarano di utilizzare "olio extravergine di oliva", è logico chiedersi quale convenienza ci possa essere nell'utilizzare un conservante che costa più dell'alimento conservato; in realtà, nessuna! Ecco perché, nei controlli di routine degli enti competenti, sono stati svelati vari casi di sofisticazione-contraffazione alimentare; per la precisione, si rilevava la presenza di oli DIFFERENTI (seminocciole ecc.), magari arricchiti in clorofilla per guadagnare un colore verde brillante.

Anche dopo essersi cibati di tonno fresco, a volte compaiono sintomi di intossicazione, scambiata per intolleranza o allergia e generalmente si tende ad accusare sostanze che non c’entrano nulla, come mercurio o piombo, dando poca importanza all’istamina, unico vero responsabile.

 



6 giugno 2020

L'Italia e la nuova via della seta: l'ambizioso progetto cinese per sostituire gli USA nel controllo del mondo.



La nuova via della seta porta in Italia

L’Italia apre al progetto cinese “la via della seta”, ma in tutta Europa la Cina sembra aver convinto soltanto un discusso soggetto: il ministro Di Maio!

L’Italia è quindi il primo paese del G7 a firmare un simile documento d’intesa, e alle preoccupazioni espresse da Washington e Bruxelles il governo ha replicato assicurando che si tratta di un’intesa commerciale, non politica. Ma è davvero pensabile che gli enormi investimenti che Pechino è pronta a elargire possano essere esenti da ricadute politiche?

Lanciata nel 2013 dal presidente Xi Jinping, la Belt and road initiative, o Nuova via della seta, è un gigantesco progetto di rafforzamento della connettività sul continente euroasiatico, e oltre. La cintura (belt) rappresenta l’asse terrestre tra la Cina e l’Europa, mentre la via (road) è la rotta marittima tra il mar Cinese meridionale e il Mediterraneo, passando per l’oceano Indiano e il canale di Suez.

La Bri ha quindi una dimensione spaziale molto chiara. Benché in teoria ormai ogni stato al mondo (dall’Africa all’America Latina) possa partecipare all’iniziativa, sei sono i corridoi di terra indicati come priorità: Cina-Mongolia-Russia; Bangladesh-Cina-Birmania; Cina-Indocina; Cina-Pakistan; Cina-Asia centrale e occidentale (con prolungamento in Europa); Cina-Kazakistan-Russia. Con il tempo, sono comparse sulle mappe della Bri anche una rotta marittima verso il Pacifico e una rotta artica.

Secondo il governo cinese, la Bri è un progetto sistemico per integrare in un disegno comune le singole strategie nazionali di sviluppo, per sfruttare il potenziale dei mercati in Eurasia, per creare domanda e posti di lavoro, e per incoraggiare gli scambi culturali e accademici. Non rappresenta una sfida diretta all’ordine liberale costruito dagli Stati Uniti e dall’occidente, in quanto si basa esplicitamente sul regime del libero scambio, e presume l’esistenza di un’economia globale aperta – la stessa che ha consentito alla Cina di svilupparsi negli ultimi quarant’anni, diventando la seconda economia mondiale. Del resto, le aziende cinesi (soprattutto i grandi conglomerati di stato, ormai colossi internazionali) necessitano dei mercati mondiali, naturale sbocco per collocare la sovracapacità produttiva, molto evidente in settori quali l’acciaio e le costruzioni.

Non sorprende, quindi, che la Bri preveda la realizzazione e la gestione di nuove infrastrutture, o l’ammodernamento di quelle vecchie. Dalle strade alle vie ferroviarie ad alta velocità, dai porti ai gasdotti, dai ponti agli hub logistici, non c’è grande opera che possa essere a priori esclusa dalla Bri – per il loro finanziamento la Cina ha creato anche una nuova banca multilaterale, la Banca asiatica d’investimento per le infrastrutture (Aiib). In quanto progetto di modernizzazione collaborativa, nelle intenzioni cinesi la Bri è basata sull’idea di uno sviluppo sostenibile, in una cornice di partnership mutualmente vantaggiosa.

La Commissione europea ha sottolineato l’assenza di reciprocità per le aziende europee nell’accesso al mercato cinese.

Tuttavia, i primi anni di attuazione della Bri hanno già evidenziato qualche criticità, mostrando come l’esito win-win della cooperazione sia tutt’altro che scontato. Innanzitutto, il Fondo monetario internazionale ha avvertito che in alcuni piccoli stati (come il Montenegro o le Maldive) i progetti legati alla Bri stanno rendendo insostenibile il debito pubblico. Ha fatto notizia il caso del porto di Hambantota, in Sri Lanka, finito in mano ai cinesi perché il governo di Colombo non era riuscito a onorare i suoi impegni finanziari. Nel 2018 in Malaysia, il nuovo governo di Mahathir Mohamed ha sospeso il progetto dell’East coast rail link, considerato troppo oneroso: potrebbe ora ripartire, ma su scala inferiore.

In secondo luogo, la proiezione strategica della Cina pone importanti questioni relative a norme, standard, e pari opportunità di accesso ai mercati. Nel caso della ferrovia Budapest-Belgrado, per esempio, la Commissione europea ha costretto Budapest a riconvocare l’appalto della sezione ungherese dell’opera, poiché il primo bando sembrava violare le norme comunitarie sugli appalti pubblici, favorendo aziende cinesi. Più recentemente, la gara di appalto per la costruzione del ponte di Pelješac sulla costa meridionale della Croazia (finanziata in massima parte da fondi dell’Unione europea) è stata vinta dalla China road and bridge corporation (Crbc), un conglomerato statale. Il concorrente austriaco che ha perso la gara ha dichiarato che l’offerta della Crbc era fuori mercato, e in quanto tale poteva solamente essere sussidiata dallo stato cinese. Non bisogna dimenticare infine i costi ambientali dei progetti infrastrutturali.

In effetti – stanchi probabilmente del crescente gap tra la retorica e i fatti – nell’aprile 2018 ventisette ambasciatori degli stati dell’unione a Pechino (escluso il rappresentante ungherese, ma incluso quello italiano) hanno inviato una lettera alla Commissione europea mettendo in guardia dal rischio di un approccio troppo accomodante verso la Cina. La lettera era in realtà un corposo rapporto che criticava il comportamento cinese per due aspetti principali. Cominciava sottolineando una volta di più l’assenza di reciprocità per le aziende europee nell’accesso al mercato cinese e agli appalti della Bri: per ora infatti, la maggior parte delle opportunità di business è stata colta da aziende cinesi, la cui struttura proprietaria spesso è opaca.

Inoltre, il documento segnalava che – sfruttando l’asimmetria di potere – la Cina offre un suo format del memorandum d’intesa. Gli ambasciatori consigliavano ai singoli stati di discutere il testo prima di firmarlo. In ampi dettagli, e con molti esempi, il rapporto mostrava come la Cina adotti un linguaggio apparentemente non controverso che invece nella narrazione ufficiale della politica estera cinese ha un preciso significato, non in linea con l’interesse nazionale di uno stato europeo o dell’Ue nella sua interezza. Probabilmente consapevole di questo aspetto, il governo italiano ha dichiarato che il memorandum firmato a Roma – diversamente dagli altri tredici già firmati da altri stati membri – si richiama esplicitamente a norme, regole e standard dell’Ue, nella speranza che sia la Cina ad adeguarsi.

Un progetto globale
La Bri, in sintesi, non è solo una proposta commerciale: è un riordino dello spazio. Lo spazio geografico a sua volta rappresenta un’intrinseca dimensione della politica, perché riguarda la sovranità. Nel mondo multipolare in cui la Cina vuole operare, Pechino vuole essere uno dei principali poli organizzativi (nel senso descritto da John Ikenberry nel Leviatano liberale), un hub attorno al quale ruotano scambi, commerci, flussi finanziari, al centro di network complessi, flessibili e intercambiabili. La sfida non è diretta ma indiretta. In quanto veicolo di riarticolazione dello spazio e dell’ordine, la Bri è un mezzo con cui la Cina crea nuove “comunità di pratiche” (oggi regionali, domani globali?) che non necessariamente si conformano interamente ai princìpi, alle norme e alle procedure dell’ordine liberale, che peraltro – come ha scritto Vittorio Emanuele Parsi in Titanic – sta già naufragando.

Significativamente, mentre a Roma esplodeva il dibattito sul memorandum d’intesa, a Bruxelles la Commissione e l’alto rappresentante della politica estera dell’Ue – uscendo dall’ambiguità – pubblicavano un comunicato congiunto in cui la Cina è definita allo stesso tempo un partner negoziale, un competitor economico (che persegue la leadership tecnologica), e “un rivale sistemico che promuove modelli alternativi di governance”.

Mentre il governo italiano insiste nel definire il documento come un’intesa commerciale che aprirebbe nuovi spazi di mercato e di investimento per le imprese italiane in Cina, compie una scommessa dall’esito non scontato. Il governo ama ricordare come la Germania, la Francia e il Regno Unito registrino un interscambio commerciale con la Cina assai superiore al nostro, dimenticando di dedurre che, se questi paesi commerciano più di noi senza avere firmato alcuna intesa, forse le difficoltà italiane sono dovute a debolezze del nostro sistema produttivo (o incapacità di generare la domanda cinese). Se invece l’Italia – percepita come anello debole del nucleo storico dell’Ue – invia con il memorandum un forte segnale, sperando che questa concessione generi in cambio privilegi e condizioni più favorevoli degli altri, l’intesa ha un forte significato politico, con implicazioni di non poco conto.

L’economia è politica, soprattutto in un paese leninista come la Cina, dove il confine tra stato e mercato è molto labile: lo sa bene il Partito comunista cinese, che ha inserito gli obiettivi della Bri nel suo statuto, ora condivisi e sostenuti dall’Italia con la firma del memorandum.



 

 



Il male oscuro.

IL MALE OSCURO: LA DEPRESSIONE, L’ANSIA E GLI ATTACCHI DI PANICO

Il confinamento conseguente a Covid-19 ha accentuato questi problemi.

https://youtu.be/kr8vMa-fiBs



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