25 febbraio 2018

LA PERCEZIONE ED IL CANE.






Sappiamo quanto siano profondi i legami e i punti di contatto tra filosofia, e psicologia, e anche la percezione non costituisce un'eccezione. Infatti furono i filosofi i primi ad occuparsi della sua analisi. Essa, in senso filosofico generale, viene intesa come l'atto del prendere coscienza di qualcosa, mentre per la psicologia essa sarà intesa prevalentemente come l'elaborazione di dati sensoriali.
Sfumata e controversa è la distinzione tra sensazione e percezione, tanto che alcuni autori sono giunti a considerarle come parte di un'unica – per quanto complessa – funzione psichica (la senso-percezione). Ma in genere si parla di sensazione in relazione ad eventi mentali di tipo atomistico – non ulteriormente scomponibili – suscitati da stimoli relativamente semplici (lampi luminosi, singole note musicali, gusto  ecc.). Stimoli di questo genere furono molto utilizzati dagli studiosi di psicofisica, in relazione alla nascita della psicologia.
La percezione, al contrario, viene intesa come più “complessa”, in quanto consiste nella funzione psicologica che interpreta i dati sensoriali al fine di conferire a questi una configurazione dotata di significato.
La percezione, dunque, consiste nell'alaborazione da parte del cervello degli stimoli ad esso pervenuto dai 5 "sensi": vista, udito, olfatto, tatto, gusto; ai quali va aggiunto un "sesto senso" non meglio definibile: lo stato d'animo.
Sappiamo che in origine i nostri sensi erano costituiti da capacità poi nel tempo mutate; la vista, ad esempio, si è potenziata a detrimento dell'udito: noi uomini spingiamo la nostra vista fino all'orizzonte, mentre il campo visivo del cane non si spinge fino all'orizzonte, la sua capacità uditiva però, supera di gran lunga quella umana.
A prosito di cani: il cane percepisce lo stato d'animo del suo padrone, che presentando sofferenza fisica o dolore, questi vengono "percepiti" dal cane che gli rimane accanto, ad esempio quando il padrone sta a letto per malattia o malessere, mentre normalmente, ovvero quando il padrone è a tetto ma sta bene, non lo fa.
Qualcuno pensa che gli stati d'animo di animali, come quelli del cane sempre attentissimo agli stati d'animo del suo padrone e sempre positivi nei suoi confronti, possano aiutare il padrone a combattere il momentaneo stato di malessere. Questo spiegherebbe la tendenza generalizzata a possedere, come enimale domestico, il cane più di altri animali.
Il cane, il miglior amico dell'uomo, si è rivelato essere di grande aiuto quando partecipa alla "pet therapy" per i bambini che soffrono di sindrome autistica. I bambini affetti da autismo scoprono nel cane un animale di cui fidarsi, con il quale avere facili relazioni sociali sentendosi tranquilli ed a loro agio. Considerano il cane "uno di famiglia", si potrebbe spiegare tale "affinità" unicamente come la capacità di entrambe nel percepire i cosiddetti "stati d'animo", e questa .... non è cosa da poco.





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