13 agosto 2020

IL ROSTRO ROMANO DI ACQUALADRONI.

 

 


IL ROSTRO ROMANO DI ACQUALADRONI

Alla fine dell’estate del 2008, a poco meno di 300 metri dalla battigia della spiaggia di Acqualadroni, sulla costa tirrenica messinese,  fu recuperato dalla Guardia Costiera e dalla Soprintendenza del Mare, un rostro romano a circa 7- 8 m di profondità.

Fu una delle più importanti scoperte archeologiche per la città di Messina ed oggi il rostro lo si può ammirare tra i reperti archeologici esposti al Museo Regionale della città.

Le parti lignee, non si sono conservate, tranne quelle inserite nel rostro, mentre sono stati localizzati piccoli lingotti di piombo a circa 15 m a Nord del rostro.

La zona di Acqualadroni era già conosciuta. Infatti nel 1991 fu scoperto un relitto, probabilmente da ricondursi alla battaglia del 36 a. C., detta del Nauloco, combattuta tra Ottaviano ed il suo generale Agrippa contro Sesto Pompeo.

 

Ma cos’è un rostro e a cosa serviva?

Il rostro (dal latino rostrum) è un pesante oggetto da sfondamento che veniva montato sulla prua delle navi antiche per affondare le navi nemiche.  Con questo strumento le navi, a velocità sostenuta, speronavano le fiancate delle navi nemiche creando delle falle e provocando un rapido affondamento. Nell’antichità i rostri sono attestati, oltre che nelle rappresentazioni monetali e nelle ceramiche raffiguranti navi da guerra, anche nei grandi monumenti commemorativi del Foro Romano, di Ostia, di Cirene.

 

Descrizione del rostro di Acqualadroni

Il rostro romano in bronzo di Acqualadroni  è costituito da tre fendenti laminari orizzontali rinforzati da un possente fendente verticale.

Il rostro è in ottimo stato di conservazione, tranne alcune concrezioni nella parte superiore; esso misura 1,33 m di lunghezza, 0,59 m di larghezza, 0,90 di altezza e pesa circa 250/300 Kg.

A differenza degli altri rostri romani rinvenuti nelle Egadi, decorati da astragali, dee alate, elmi piumati o elementi floreali,  il nostro è decorato lateralmente da tre spade per lato, appartenenti a due tipologie diverse, che dividendosi formano un tridente.

Per quanto riguarda le spade, si tratta dIl Kopis è un’arma a lama curva con un solo fendente;  il pomello della spada è decorato con una testa di aquila o di grifone. Il Kopis è molto frequente nelle armate greche.

L’altro tipo di spada, il Xiphos, è un’arma caratteristica dell’oplite, utilizzata anche questa nel V sec. a. C., caratterizzata da un’elsa (impugnatura) dentellata nella parte rivolta verso la lama, a forma di corna di ariete; il pomello superiore è decorato da una doppia appendice conica.

 

Datazione del rostro romano di Acqualadroni

La datazione del rostro è ancora controversa, perchè esistono numerose ipotesi. Forse il rostro apparteneva ad una delle navi delle flotte della prima o della seconda guerra punica, o una delle battaglie intermedie, o ancora alla battaglia del Nauloco.

Il rostro, dunque, può essere datato in un arco cronologico che va dal III sec. a.C. al I sec. a. C., apparteneva ad una nave danneggiata in battaglia che è andata alla deriva, fino a raggiungere i banchi di sabbia di Acqualadroni, dove è stata deliberatamente fatta arenare per consentire all’equipaggio ed ai soldati che trasportava di salvarsi. A quel tempo la spiaggia arrivava 300 metri al largo rispetto all’attuale battigia. Lo conferma il racconto dei miei nonni e quello raccontato loro dai loro nonni. La poderosa e rapida erosione della spiaggia di Acqualadroni è un fatto piuttosto recente, risale a qualche centinaio di anni.

L’unica certezza è che si tratta di un modello di nave di matrice ellenistica, sia per il metallo impiegato, sia per le decorazioni.

Il rostro, dopo il ritrovamento, ha subito numerose analisi chimiche ed un lungo processo di restauro.

 

Il ritrovamento del rostro, ha regalato al villaggio Acqualadroni gli onori della cronaca locale e nazionale.

 


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