28 dicembre 2021

ISOLA FERDINANDEA E CORALLO DI SCIACCA






Sappiamo che quello italiano è territorio sismico e vulcanico, quello della Sicilia oltre che sismico è anche parecchio vulcanico. Basti pensare alla linea immaginaria che congiunge il vulcano dell’isola di Stromboli, costantemente in attività, lo Stretto di Messina, sede del terremoto-maremoto del 1908 che distrusse la città ed il maestoso vulcano l’Etna, il più grande d’Europa. Non tutti però conoscono Empedocle, vulcano sottomarino.
Empedocle è un grande vulcano sottomarino situato a 40 km al largo della costa meridionale della Sicilia, dal nome del filosofo greco Empedocle che credeva che tutto sulla Terra fosse costituito dai quattro elementi .
Secondo l'Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia , la struttura vulcanica è alto circa 400 metri, con una base lunga 30 km e 25 km di larghezza. Situato nei Campi Flegrei del Mar di Sicilia (Campi Flegrei dello Stretto di Sicilia ), Empedocle è composto da quelli che un tempo si credevano fossero centri vulcanici separati , tra cui l' isola Graham (Ferdinandea).
Il vulcano non mostra segni di eruzione nel prossimo futuro. Mentre la cima del vulcano è ora a 7 metri sotto il livello del mare, un tempo era visibile sopra l'acqua. Nel 1831 Empedocle emerse in superficie come Isola Graham (Ferdinandea) e quasi causò un grave incidente internazionale quando diversi paesi tentarono di rivendicarne la proprietà. È scomparso di nuovo nell'acqua cinque mesi dopo. Ma è comparso e dopo scomparso già diverse volte.
A pochi metri sotto la superficie del mare, al largo tra Sciacca e l'isola di Pantelleria si trova il punto piu alto di un cono vulcano meglio conosciuto come isola ferdinandea. L'isola emerse durante l'epoca borbonica nel luglio 1831. Successivamente l'isola a causa di una rapida subsidenza scompare sotto le onde nel gennaio del 1832.
Questo fatto dimostra che l'Italia è un territorio vulcanico e sismico attivo soggetto a frequenti terremoti ed eruzioni marine o terrestre. L'isola ferdinandea era vasta 4 kmq e alta 65 m. Le rocce erano delle piroclastiti di composizione riolitica simili a pomice. L'eruzione è stata registrata assieme a dei terremoti dai marinai delle navi commerciali e militari che navigano in quelle acque. Il geologo tedesco prof. Karl Hoffman, docente di geologia presso l'Università di Berlino, che si trovava in Sicilia per studiare i terreni siciliani saputo la notizia accorse subito sul posto e descrisse l'eruzione in una sua relazione tecnica. Anche il prof. Carlo Gemmellaro docente di Storia Naturale presso l'Università di Catania descrisse l'eruzione dell'isola in una nota scientifica. L'isola fu subito oggetto di contesa fra i borboni e gli inglesi. I borboni rivendicavano un diritto di vicinanza mentre gli inglesi per esserci sbarcati per prima. In seguito una spedizione francese accertò che presto l'isola sarebbe affondare ed era inutile conquistarla. L'isola venne illustrata dai naturalisti ma tutto fu inutile. Nel 1846 e nel 1863 l'isoletta è riapparsa ancora in superficie, per poi scomparire nuovamente dopo pochi giorni. Il magma vulcanico che dal profondo penetra nelle fratture della crosta terrestre congela come lava a volte da origine a coni vulcani che in certi casi emergono. Dalle fratture si ha anche perdita di gas vulcanici. L'isola si trova a poca distanza dalla Valle del Belice tristemente famosa per il terremoto del 1968. Sull'isola ferdinandea il goverso siciliano ha posto una targa su cui si legge : l'Isola Ferdinandea era e resta dei Siciliani". Nel 2002 una intensa attività sismica ha fatto pensare ad una nuova emersione dell'isola. Da allora i sommozzatori italiani hanno piantato un tricolore sulla cima del vulcano e aspettano la sua emersione. Le recenti ricerche oceanografiche ci dicono che l'isola ferdinandea è una delle tante bocche del vulcano sottomarino Empedocle, grande come Etna, vulcano più grande d’Europa, e alto molto meno rispetto al fondale marino.
Il corallo di Sciacca una preziosa esclusiva siciliana
Tra i coralli in commercio quello di Sciacca è probabilmente tra i più preziosi, la ragione è che è un corallo quasi fossile i cui banchi sono esauriti dalla fine del 1800. Oltre alla sua rarità è anche affascinante per le sue sfumature che vanno dall’arancione carico al rosa chiaro, al nero, e per la sua storia.
La scoperta del corallo di Sciacca
Tutto iniziò nel luglio del 1831 quando, a trenta miglia da Sciacca, in direzione di Pantelleria, un’eruzione vulcanica fece emergere un’isola a ben 65 metri sul livello del mare, la cui superficie di circa quattro chilometri quadrati era la punta di un cono vulcanico. Chi riuscì a visitarla la descrisse come un ammasso roccioso con due laghetti sulfurei in ebollizione e un torrentello dovuto alla tracimazione dei laghetti. Oggi sappiamo che si trattava di una bocca secondaria di uno dei tanti vulcani sottomarini presenti nel Mediterraneo, l’Empedocle, un vulcano con la stessa forma dell’Etna ma con un’altezza sul fondale marino di circa 500 metri. L’isola venne immediatamente contesa dalle potenze marinare che all’epoca cercavano l’egemonia di quei mari. Iniziarono gli Inglesi, che ad agosto del 1831 presero possesso dell’isola in nome di sua maestà, la battezzarono isola Graham e vi piantarono la bandiera britannica. A settembre i Francesi ribattezzarono l’isola con il nome Iulia (per il fatto che era emersa a luglio), la studiarono geologicamente, scoprendo che stava degradando rapidamente. Issarono la loro bandiera francese e lasciarono una targa a documentare l’avvenuta conquista. Tutto questo senza che Ferdinando II di Borbone (che era a capo del Regno delle Due Sicilie) ne fosse informato. Anche Ferdinando II, quando venne a sapere dell’accaduto, mandò una spedizione per rivendicare il legittimo possesso dell’isola, su cui a fine ottobre venne piantata la bandiera borbonica, e venne nuovamente cambiato il nome, questa volta in Isola Ferdinandea. Stava per scoppiare una vera guerra mondiale anche perché gli inglesi non avevano intenzione di cedere il possesso dell’isola e mandarono una nave cannoniera per sostenere i loro diritti. Per fortuna a fine novembre 1831 l’isola si inabissò e, mancando la materia del contendere, la controversia finì. Nel 1846 e nel 1863 l’isola riapparve per scomparire dopo pochi giorni. Oggi quello che resta dell’isola è a circa 7 metri sotto il livello del mare.
Come dicevo l’isola, e soprattutto il vulcano che la ha prodotta, è all’origine della formazione del corallo sub fossile di Sciacca. Infatti il 10 maggio del 1875 tre pescatori, Alberto Maniscalco, (detto “Bettu Ammareddu”), Giuseppe Muschilda e Alberto (detto “Occhi di Lampa”), nel ritirare la rete a strascico sulla loro barca a vela, vi trovarono impigliati diversi rami rossi di corallo. Alberto Maniscalco tornò giorni dopo sul posto della strana pesca e scoprì, a un centinaio di metri di profondità, un ricchissimo banco di corallo su una pendice di quello che rimaneva dall’isola Ferdinandea. Il banco, di circa quattro ettari, era formato da rami di coralli morti e alcune volte già staccati dalla roccia. Il banco iniziò ad essere sfruttato intensamente specialmente dai pescatori di Torre del Greco e sembrava essere inesauribile. Nel 1878 nella stessa zona (a poca distanza dal primo) venne scoperto un secondo banco delle stesse dimensioni del primo, ma con rami di dimensioni maggiori e con meno impurità. Nel 1880, cinquanta metri più in basso rispetto ai primi due, venne scoperto un terzo banco, questa volta enorme, di ben 120 ettari: un vero pozzo da cui, solo nel 1880, vennero estratti quasi 5.000 tonnellate di corallo. Alla fine del 1800 i tre giacimenti si esaurirono.
Il particolare colore di questo corallo
Le molte tonalità e sfumature di questo corallo non sono state ancora spiegate scientificamente e a 120 anni della fine della raccolta non c’è molto interesse a finanziare questa ricerca. Le ipotesi più credibili ne attribuiscono l’origine all’attività del vulcano che ha prodotto zone con acque calde dove il corallo cresce rapidamente; sempre il vulcano, con le sue emissioni gassose, ha poi fatto morire i coralli dei banchi che successivamente, staccati dalle correnti marine e dai frequenti terremoti, si sono depositati sui fondali fangosi e sabbiosi da cui sono emersi a causa di altre scosse di terremoto.
Il nuovo corallo di Sciacca
Finito lo sfruttamento dei tre banchi del corallo sub fossile, nel 1900 ripresero le ricerche e lo sfruttamento dei nuovi banchi, questa volta di coralli vivi. Verso la fine del secolo scorso queste attività vennero regolamentate e limitate, soprattutto per preservare la presenza e la crescita del corallo anche sulle coste italiane. Da allora è ripresa in modo più ridotto l’attività dei raccoglitori e il corallo lavorato è tornato ad essere quello rosso, solo alcuni vecchi gioiellieri hanno ancora piccole scorte del corallo sub fossile di Sciacca. L’ “Ingegno”, il nome dato allo strumento di raccolta, ora non può essere usato indiscriminatamente. L’ “ingegno” è il metodo di estrazione del corallo, usato in quasi tutto il mondo, ed è formato da due pesanti travi disposte a croce alle cui estremità sono fissate delle robuste reti da strascico. Le travi vengono trascinate sul fondo ed hanno il compito di rompere i rami del corallo che poi vanno a cadere nelle reti. Purtroppo questo metodo distrugge l’habitat del corallo e di tante altre specie.
Il prezzo del corallo
La valutazione del corallo è simile a quella delle gemme preziose e quindi non c’è nessuno in grado di dare un’indicazione, neppure di un prezzo medio. A questo si aggiungono le variazioni del mercato che, a loro volta, dipendono da fattori economici e finanziari. A nostro vantaggio, rispetto ai diamanti, c’è che il corallo non è considerato un bene rifugio.
La documentazione di origine, o la certificazione che attesta la “qualità” di corallo antico di Sciacca. Quest’ultima caratteristica aumenta la valutazione, rispetto anche a pezzature di dimensioni inferiori.

Alla fine però ricordate che il valore reale di un materiale è quello che siamo disposti ad attribuirgli: con la storia che vi ho raccontato spero di aver influito sulle vostre scelte. 


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