6 settembre 2022

VALUTAZIONE CONOSCITIVA DELLA PIANIFICAZIONE CONDIVISA DELLE CURE NEL PAZIENTE ONCOLOGICO.

Post da me liberamente tratto dall’articolo di Paola Sbardellati e Giulia Nazzicone pubblicato sul numero di Luglio - Agosto 2022 della rivista mensile dei Fatebenefratelli della Provincia Romana: “Vita Ospedaliera”. Rivista messa a disposizione di pubblico e pazienti nelle sale di attesa del reparto oncologico dell’ospedale Buccheri La Ferla di Palermo.

Prima di prendere posizione contro, o sparare sentenze gratuite di condanna, o peggio ancora accusa non esplicitata ma sott’intesa di stupidità, verso chi (come me) contesta un determinato genere di chemioterapia che non controbilancia la buona qualità della vita, chi lo fa dovrebbe prima leggere questo lunghissimo e esaustivo post.

Il 31 gennaio 2018 è entrata in vigore la Legge 22dicembre 2017 n. 219 contenente “Norme in materia di consenso informato e di disposizioni anticipate di trattamento”.

Come dichiarano nell’articolo1, la Legge n. 219 tutela il diritto alla vita, alla salute, alla dignità e all’autodeterminazione della persona e stabilisce che nessun trattamento sanitario possa essere iniziato o proseguito senza il consenso libero e informato della persona interessata, tranne che nein casi espressamente previsti dalla Legge.

La legge n. 219, oltre a disciplinare il consenso informato alle cure, riconosce anche due modalità particolari di autodeterminazione terapeutica e di espressione del consenso: le disposizioni anticipate di trattamento (DAT)  e la pianificazione condivisa delle cure (PCC), disciplinate rispettivamente dagli art. 4 e 5 della suddetta Legge.

Le disposizioni anticipate di trattamento (DAT), e la pianificazione condivisa delle cure (PCC), comunemente definite “testamento biologico” o “biotestamento”, costituiscono un <<documento nel quale si dichiarano le proprie volontà in ordine ai trattamenti sanitari, nella previsione di una futura incapacità di assumere personalmente tali decisioni>>.

La Pianificazione condivisa delle cure costituisce invece un’altra modalità di autodeterminazione sanitaria, che possiamo definire come un percorso di cura concordato tra medico e paziente, adattato in base alle esigenze specifiche di quest’ultimo e continuamente rivedibile per quei casi di <<patologia cronica e invalidante o caretterizzata da inarrestabile evoluzione con prognosi infausta>>.

Anche la PCC è da ritenersi come una espressione di volontà futura, inclusa la nomina di un fiduciario, da applicarsi nel momento in cui il paziente si venga a trovare nella condizione di non potere esprimere il proprio consenso o di incapacità, con la differenza che in questo caso, il disponente è sempre una persona già malata: l’adozione di due sostantivi diversi persona (nelle DAT) e paziente (rispetto alla pianificazione condivisa delle cure), fa quindi intendere che qualsiasi persona può esprimere le DAT, ma solo i pazienti possono partecipare alla pianificazione delle cure con il medico. Difatti, mentre le prime si riferiscono al “trattamento” e sono espressione di iniziativa unilaterale della persona, a prescindere da qualsivoglia relazione di cura con il medico, le altre fanno riferimento alla “cura”, cioè a un processo che nasce e si sviluppa nella relazione tra medico e paziente e che può portare anche a una desistenza terapeutica lecita e accompagnata.

La pianificazione condivisa delle cure è, infatti, concordata dal paziente e dal medico e si colloca in loro relazione, è perciò espressione, da un lato delle aspirazioni di cura della persona, dall’altro dalla responsabilità del medico, chiamato a impegnarsi per rendere concreto il diritto del paziente a essere reso consapevole e a esprimere le proprie aspirazioni e i propri desideri in tema di cure.

Messa così, la pianificazione condivisa della cura appare di competenza di entrambe i soggetti, mentre in realtà è il medico a proporre la cura, invece il paziente soltanto in un secondo tempo potrà riferire al medico il grado di sopportazione (in base anche agli effetti collaterali, che in definitiva sono soggettivi) e discutere circa una eventuale alternativa terapeutica meno aggressiva.

Nel momento in cui si lavora col malato oncologico, si deve tener presente quanto sia importante la comunicazione. Il paziente deve sentirsi considerato, accolto e seguito: pertanto, la comunicazione e l’informazione devono essere partecipate, chiare, rispettose e soprattutto mai interrotte. Bisogna stabilire un dialogo che abbia come obiettivo quello di guidare il paziente durante tutto il percorso terapeutico e che riguardi quanto il “paziente può realisticamente attendersi in termini di qualità della vita, sulle possibilità cliniche di intervenire e sulle cure palliative” (Art. 5, L. 219/2017). Circa la qualità della vita durante il percorso chemioterapico, tra le altre informazioni fornite dall’oncologo e finalizzate al consenso informato, quest’ultimo tende a sorvolare per non spaventare il paziente, che dal canto suo si troverà impreparato a sopportare eventuali effetti collaterali pesanti, pertanto potrebbe rimanere traumatizzato.

Anche a una prima lettura risultano, quindi, le differenze dei due diversi sistemi - DAT e PCC - nonostante entrambe, essendo veicolo di autodeterminazione in materia di trattamenti sanitari, debbono essere osservate nell’ottica della riflessione sul ruolo del medico e del paziente che ha evidenziato, negli ultimi anni, la necessità di definire i confini della relazione terapeutica e di riaffermare la centralità, nel percorso assistenziale, non più solo della malattia ma del paziente, in una visione olistica che tenga conto anche delle sue preferenze, delle sue convinzioni personali, dei valori e del suo personale concetto di “qualità della vita”.

La PCC, pur essendo meno conosciuta rispetto alle DAT, rappresenta uno strumento di grande praticità, da sempre presente all’operatore sanitario, in quanto si caratterizza per avere un potenziale contenutistico molto ampio e per essere costruita “su misura” del paziente, in base alle concrete esigenze dello stesso e alla sua personalità; permette , inoltre, una maggiore dinamicità e compartecipazione, essendo il frutto del continuo processo comunicativo medico-paziente alla luce del rapporto di fiducia che li lega e non invece una mera dichiarazione unilateralmente disposta da quest’ultimo. Non di meno la sua importanza va sempre ribadita.

Sulla base di quanto detto, è tuttavia bene sottolineare che la condizione della pianificazione delle cure, non significa che il medico condivida sempre la volontà del paziente. Il tema del dialogo però, deve essere ripreso regolarmente per comprendere eventuali cambiamenti negli intendimenti espressi dal paziente. Il meduico 0offr54e alm paziente la propria competenza tecnico-scientifica, assicurandosi che sia stata ben compresa: poi deve accettare la sua scelta.

La PCC è una sorta di consenso a un progetto globale, costituito da una serie di attività interconnesse, a ciascuna delle quali il paziente sceglie se eventualmente aderire. Questi può decidere di accogliere, del tutto o solo in parte, le proposte terapeutiche del medico o addirittura di respingerle. In sintesi: la volontà del paziente può discostarsi dalle proposte del medico. Questa caratteristica mette in luce un aspetto fondamentale della PCC, ovvero la qualità della relazione terapeutica  medico-paziente. Se questa si struttura su presupposti corretti, come l’ascolto, la presa in carico, l’impegno a garantire tutte le attività idonee a dare corretta e adeguata risposta ai bisogni del paziente e alle sue aspirazioni di salute, nel rispetto dell’autonomia tecnico-scientifica del medico e nel rispetto dell’autonomia decisionale del paziente, dovrebbero non verificarsi casi nei quali non si concretizzi  la pianificazione condivisa delle cure.

L’oncologo spesso si trova a dover sostenere anche una comunicazione non verbale e in collaborazione con lo psicoterapeuta cerca di supportare, curare e guidare il paziente. Le domande che il paziente oncologico pone, spesso sono difficili, scomode. Il medico deve poter essere visto come un punto di riferimento e con la collaborazione dello psicoterapeuta riesce a orientarsi nel fornire le risposte più indicate. Bisogna sottolineare l’importanza della guida che il paziente oncologico deve trovare durante il suo percorso terapeutico: si deve creare una relazione di fiducia solida, affinchè il paziente possa scegliere in modo consapevole, quanto ritiene più opportuno per se stesso. All’interno di questo lavoro, pertanto,  si è ritenuto opportuno andare a indagare  e approfondire il tema della Pianificazione Anticipata delle Cure, relativamente alla conoscenza della sua esistenza da parte dei pazienti oncologici, in cura presso un ospedale Fatebenefratelli. L’articolo 5 della Legge 219 afferma che ogni persona (qui denominata paziente) ha il diritto di << conoscere le proprie condizioni di salute  e di essere informato in modo completo, aggiornato e a lei comprensibile riguardo alla diagnosi, alla prognosi, ai benefici e ai rischi degli accertamenti diagnostici e dei trattamenti sanitari indicati,  nonché riguardo alle possibili alternative e alle conseguenze dell’eventuale rifiuto al trattamento sanitario  e dell’accertamento diagnostico o della rinuncia ai medesimi >>.  

"La chemioterapia non è una passeggiata" lo dicono coloro che non si sono sottopposti ad un trattamento chemioterapico. Chi lo ha fatto non impiegherebbe il termine passeggiata, perchè la chemioterapia, in tutti i casi rappresenta una tragedia, trascorsa oppure in corso.

     

 

 

 

 

 

 

 

      

 

  


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