23 maggio 2013

PER NON TEMERE LA MORTE BISOGNA ESSERE ATEI ?

Tutte le specie viventi hanno la capacità di riprodursi, tale capacità consente la perpetuazione delle specie, nonostante che tutti i percorsi di esistenza dei loro singoli componenti siano destinati a concludersi.
I percorsi temporali di inizio e fine dell'esistenza, per ciascun appartenente alla propria specie, sono coincidenti; l'inizio del percorso di esistenza coincide con l'inizio del percorso che porterà alla sua fine, per poi concludersi entrambe nello stesso istante. Il percorso di esistenza degli appartenenti alla specie umana ha inizio con la vita e si conclude con la morte. Anche per l'uomo vita e morte fanno parte di un unico percorso, quindi non bisognerebbe aver paura di morire, la coscienza umana però fa la differenza e poichè la consapevolezza non implica comprensione, temere di morire è quasi inevitabile.
La filosofia umana nei confronti della morte divide gli uomini in tre categorie.
La categoria in maggioranza crede al bene, al male ed all'esistenza dell'anima che sopravvive alla morte fisica; la vita dell'anima può realizzarsi in premio, per aver rispettato precise regole scritte tendenti al bene, o dannazione per averle disattese tendendo al male, loro temono la morte perchè sanno che la natura umana è tendenzialmente incline a disattendere le regole che premiano.
Gli agnostici, rifiutando di formulare ipotesi su eventi al di fuori della capacità cognitiva umana, assumono quindi l'atteggiamento logico maggiormente coerente, ma anche loro temono la morte.
Infine gli atei, che non credono nell'esistenza dell'anima e quindi negano l'esistenza di un percorso successivo alla morte fisica, che immaginano simile ad un sonno senza risveglio, sarebbero quindi avvantaggiati nel non temere la morte?
Atei, credenti ed agnostici, pur avendo filosofie molto diverse nei confronti della vita e della morte, hanno in comune la paura del dolore, conseguenza diretta della sofferenza fisica che quasi sempre precede la fine della vita. 

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